Una brutta sensazione. Uno squarcio clamoroso nella già asfittica fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Quando ad essere arrestato per tangenti non è il “classico” criminale ma un uomo delle istituzioni come Roberto Helg, per tanti anni presidente della Camera di Commercio e con tanti incarichi pubblici di prestigio, capisci che attorno a te è ancora tutto buio.
Dove sta la legalità? Roberto Helg (la sua colpevolezza è ancora presunta ma i fatti appaiono gravissimi) è uno dei tanti personaggi che fanno parte del coro della legalità, dell’antimafia, della correttezza delle istituzioni.
E la gente comune non capisce più niente, spara il suo sdegno nel mucchio colpendo indistintamente buoni e cattivi, belli e brutti. Mi auguro che qualcuno – tra quelli che gli hanno assegnato la patente di legalità – esca allo scoperto e reciti il mea culpa. E la cosiddetta “antimafia” o il partito della legalità – la cui credibilità in queste settimane sta clamorosamente barcollando – deve essere ripensata. Quella di oggi non sembra essere proprio una cellula impazzita ma la fotografia di un corpo – quello della legalità e anche del buon senso – dilaniato da tante metastasi.
Il dibattito è aperto da tempo e ora più che mai sembrano senza senso e senza consistenza le tante parole sprecate in anni e anni di guerra al sistema criminale, sia esso mafioso o altro. Alla luce dei fatti di oggi sembra più una rappresentazione teatrale che una guerra vera e propria.
Ho sempre avuto paura di chi si erge a paladino della giustizia con prosopopea e pubbliche manifestazioni di sdegno. Ritengo che la ricetta per una vera antimafia, o più in generale per una vera legalità, sia molto più semplice; rispettare le leggi, applicare le regole del buon senso, fare il proprio dovere (dal pagare le tasse al non buttare la carta per terra) e soprattutto capire che siccome tutto questo è (sarebbe) la normalità si può fare tranquillamente in silenzio, senza l’ausilio di telecamere.