Nepal, parla l’esperto: “La forza del terremoto? | Come l’esplosione di centinaia di bombe nucleari”

di Stefania Brusca

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Nepal, parla l’esperto: “La forza del terremoto? | Come l’esplosione di centinaia di bombe nucleari”

| martedì 28 Aprile 2015 - 09:26

“Un boato impressionante, poi una pioggia di pietra e neve” con queste parole è stato descritto da uno dei sopravvissuti, il terremoto in Nepal che ha provocato, con tutta probabilità, oltre quattromila morti. Per capire in modo più approfondito il fenomeno che ha colpito un intero Paese abbiamo chiesto il parere di Giuseppe Giunta, professore ordinario di Geologia Strutturale, già docente dell’Università di Palermo.

Il Nepal è una regione particolarmente sismica, già colpita da un sisma di magnitudo elevata, perché? 

“Il Nepal fa parte della catena Himalayana, che ha origine dalla collisione tra la crosta terrestre dell’India e quella dell’Asia, che si sono riavvicinate con velocità di qualche centimetro all’anno, collidendo l’una contro l’altra. La catena himalayana è composta da una serie di grandi volumi di corpi rocciosi sovrapposti gli uni agli altri, piegati e fratturati. È come se una serie di libri, disposti l’uno accanto all’altro, comincino a essere compressi gli uni contro agli altri. Il risultato è che tenderanno a piegarsi e a sovrapporsi creando una pila di libri. I corpi rocciosi sono piegati e separati da grosse fratture che permettono il movimento di un corpo roccioso sull’altro. Questi movimenti vanno a caricare di energia una di queste faglie, che sono sia quasi orizzontali, per permettere che un corpo scivoli sull’altro, sia verticali, ovvero con angoli maggiori. Quando vengono caricate di energia, se questa supera l’attrito lungo le faglie sub orizzontali e verticali,  si scarica istantaneamente, provocando il terremoto”.

In particolare, sottolinea Giunta, “i grossi terremoti sono molto sporadici però la concentrazione di energia sulla superficie di una queste faglie, a dieci quindici chilometri al di sotto del Nepal, ha fatto sì che queste si siano mosse per alcuni metri, per una distanza di alcune decine di chilometri, creando il sisma di magnituhdo di 7.9. Un terremoto che, come nel caso dell’Himalaya e dell’Everest, ha provocato anche frane e slavine”.

Come si può quantificare l’energia prodotta da un terremoto di questa portata?

“Una scossa 7.8 corrisponderebbe all’energia di un’esplosione di alcune centinaia di bombe nucleari. Una volta che il treno di onde sismiche parte dal suo fuoco e arriva in superficie con una intensità di un certo tipo, se incontra delle rocce piuttosto incoerenti allora l’effetto di oscillazione che può dare alla superficie si amplifica. Questo è il caso delle valli Himalayane dove è ubicata Kathmandu. L’oscillazione è stata amplificata dal terreno piuttosto molle. Un’energia che quanto è più superficiale, l’ipocentro era a 10-15 chilometri di profondità, quanto più danno produce nelle zone epicentrali di riferimento. Vista la magnitudo elevata, il risentimento in aree anche piuttosto lontane dall’epicentro è stato piuttosto elevato provocando danni e vittime anche in India e in Cina”.

Questi terremoti così forti sono possibili anche in Italia?

“Da un punto di vista puramente teorico sì, da un punto di vista statistico sono parecchio più rari. Quello di Messina, ad esempio, risalente al 1908 è stato calcolato intorno a magnitudo 7. Quello nella Val Di Noto del 1.600 era probabilmente prossimo a magnitudo 7”.

Cosa si può fare per la previsione e la prevenzione di questi fenomeni?

“La previsione dei terremoti al momento non si può fare. Si può dire dove potrà avvenire, il perché, il come si manifesterà, ma il quando non è dato sapere. Studi sono in corso per cercare di prevedere un evento sismico. Si studiano ad esempio certi tipi di pesci o concentrazioni di nuvole o ancora l’emissione di radon dalle rocce lungo le fratture, ma  quando avverrà un terremoto in una determinata area, resta ancora impossibile da prevedere.  L’unica cosa che si può fare invece riguardo la prevenzione è mitigare il rischio sismico. Si può cercare di fare abituare gradualmente le comunità a convivere con il terremoto. In questo senso è utile una corretta informazione e comunicazione ad esempio su come affrontare e difendersi da un sisma. L’altra è provvedere a rendere quanto più possibile anti-sismiche le città che sorgono nelle zone più a rischio”.

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