Italicum, Renzi conquista la “prima fiducia” | Ma 38 deputati del Pd prendono le distanze

di Maria Teresa Camarda

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Italicum, Renzi conquista la “prima fiducia” | Ma 38 deputati del Pd prendono le distanze

| mercoledì 29 Aprile 2015 - 16:55

Tecnicamente è una vittoria nel senso che il primo voto di fiducia è arrivato. Ma con la inevitabile coda di polemiche. La mossa di Renzi è stata comunque vincente: con la questione di fiducia ha spaccato il fronte dell’opposizione interna del Partito democratico e ha conquistato la prima vittoria. La fiducia sull’articolo 1 della legge elettorale è stata approvata con 352 sì.

“Siamo in linea con i numeri delle altre fiducie. È il primo passo”, ha detto il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, uscendo dall’Aula della Camera dopo il primo voto di fiducia al governo sulla legge elettorale. “Sulla fiducia – ha aggiunto il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini  – c’è stato nel Pd uno strappo molto più contenuto di quello che si poteva pensare. Ora non affrontiamo questo passaggio per via disciplinare: non avrebbe senso”.

 

La votazione è stata palese per appello nominale: ciascun deputato ha sfilato davanti al banco della Presidenza della Camera dei deputati, dichiarando, ad alta voce, il proprio voto. I deputati di Sel hanno partecipato alla votazione con una fascia nera al braccio “in segno di lutto per la democrazia”.

Sono stati soltanto poco più di una trentina i parlamentari del Pd che non hanno votato con il Governo: in base ai tabulati, ai 36 che risultano non partecipanti alla chiama, vanno aggiunti Roberto Speranza e Guglielmo Epifani che risultano in missione ma hanno espresso pubblicamente la dichiarazione di non voto. “Non è una giornata semplice né serena. Amareggia e addolora non votare la fiducia perché mi sento parte di una comunità ma è un segnale legittimo e necessario per uno strappo incomprensibile”, ha dichiarato Gianni Cuperlo.

Ed ecco i nomi dei 38 deputati della minoranza Pd che non hanno votato la fiducia al governo sull’Italicum: Roberta Agostini, Albini, Bersani, Bindi, Bossa, Bruno Bossio, Capodicasa, Cimbro, Civati, Cuperlo, D’Attorre, Fabbri, Gianni Farina, Fassina, Folino, Fontanelli, Fossati, Carlo Galli, Giorgis, Gnecchi, Gregori, Laforgia, Letta, Leva, Maestri, Malisani, Marco Meloni, Miotto, Mugnato, Murer, Giorgio Piccolo, Pollastrini, Stumpo, Vaccaro, Zappulla, Zoggia, Epifani, Speranza.

Poco prima del voto di fiducia, dopo ore di muro contro muro, d’altronde, era arrivato l’annuncio di Matteo Mauri, dei Riformisti Dem: “Almeno cinquanta deputati di Area riformista voteranno sì alla fiducia sulla legge elettorale. La fiducia è stata un errore ma se non passa il governo cade e sarebbe da irresponsabili non votarla”. “Le prove muscolari non portano lontano. Chiunque le faccia. Non votare la fiducia non è una dimostrazione di coraggio. È una scelta politica. E la nostra scelta è sempre, coerentemente, invece quella di migliorare i provvedimenti e costruire le condizioni del dialogo e dell’unità nel PD. In modo ostinato. Contro gli estremisti e i tifosi”, hanno scritto i 50 in un documento.

Ma Matteo Renzi era già stato chiaro, in mattinata: “Sulla legge elettorale – ha detto il premier – sono giorni di polemica e discussione. Rispetto le posizioni di tutti e di ciascuno. Fa male sentirsi dire che siamo arroganti e prepotenti: stiamo solo facendo il nostro dovere. Siamo qui per cambiare l’Italia. Non possiamo fermarci alla prima difficoltà”.

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