Napoli, l’infermiere cecchino accusato di “strage” | In casa trovati Kalashnikov e due machete

di Redazione

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Napoli, l’infermiere cecchino accusato di “strage” | In casa trovati Kalashnikov e due machete

| sabato 16 Maggio 2015 - 10:04

Duplice omicidio volontario, strage, spari in luogo pubblico e resistenza a pubblico ufficiale. Sono questi i reati contestati a Giulio Murolo, l’uomo che ieri pomeriggio ha ucciso 4 persone e ferito altre 6 sparando dal balcone della sua casa in via Napoli a Capodimonte, nel quartiere Secondigliano.

Duplice omicidio volontario è il reato relativo alla morte di Luigi Murolo e Concetta Uliano, rispettivamente il fratello di 52 anni e la cognata di 51 anni; il reato di strage riguarda gli altri due omicidi, il tenente della Polizia municipale Francesco Bruner, 60 anni, e Luigi Cantone, 59 anni, colpito mentre era in strada a bordo del suo scooter, e i 6 feriti.

Oltre alle armi detenute legalmente, l’infermiere possedeva anche un Kalashnikov e due machete. La scoperta è stata fatta dalla polizia. Il fucile mitragliatore e i machete erano nella camera da letto. Inoltre gli agenti hanno rinvenuto anche diverse munizioni. Il 48enne ora dovrà rispondere anche di detenzione illegale di arma e ricettazione.

Il folle gesto è scaturito da una vecchia ruggine con i parenti, vicini di casa: Murolo non gradiva che il bucato venisse steso sul cortile comune o in uno stendino  sul balcone comunicante.

“Si è chiuso nel silenzio – ha raccontato ieri in conferenza stampa il questore di Napoli Guido Marino. – Durante le telefonate con l’operatore del 113 è apparso naturalmente in stato di eccitazione, ma non di alterazione psichica”. Almeno 16 i colpi di fucile esplosi da Murolo, tanti i bossoli ritrovati dalla polizia, ma la ricostruzione della Scientifica, definita “molto complessa” è ancora in corso.

I colleghi di lavoro lo definiscono come persona silenziosa e introversa, ma nessuno ha mai ravvisato in lui segni di squilibrio. Freddo, semmai, così come si è manifestato agli uomini in divisa ai quali si è arreso dopo i 40 minuti trascorsi al telefono con un operatore del 113 che lo ha indotto ad arrendersi.

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