Un’operazione della Dda di Palermo ha portato all’arresto di 11 fiancheggiatori del capomafia latitante Matteo Messina Denaro e a numerose perquisizioni nelle province di Palermo e Trapani nei confronti di capi delle famiglie di Cosa Nostra trapanese e di presunti favoreggiatori del padrino latitante.
In manette sono finiti: Vito Gondola, 77 anni, ritenuto capo del mandamento di Mazara del Vallo; Leonardo Agueci, 28 anni, ragioniere della ditta So.vi.; Ugo Di Leonardo, 73 anni, architetto in pensione; Pietro e Vincenzo Giambalvo, 77 e 38 anni, padre e figlio; Sergio Giglio, 46 anni; Michele Gucciardi, 62 anni; Giovanni Loretta, 43 anni; Giovanni Mattarella, 49 anni, genero di Vito Gondola; Giovanni Domenico Scimonelli, 48 anni; Michele Terranova, 46 anni.
All’operazione, eseguita dalle Mobili di Palermo e Trapani, con il coordinamento dello Sco, partecipa anche il Ros dei carabinieri. Le misure cautelari sono state notificate ai capi del ‘mandamento’ mafiosi di Mazzara del Vallo e dei clan di Salemi, Santa Ninfa e Partanna.
Dalle indagini è emerso come i boss comunichino attraverso i ‘pizzini’, metodo antico, prediletto da Bernardo Provenzano e scelto anche dall’ultimo dei grandi latitanti di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro.
Lo smistamento dei bigliettini avveniva in due masserie nelle campagne di Mazzara del Vallo e Campobello di Mazzara, di proprietà di due allevatori, oggi arrestati, Vito Gondola e Michele Terranova.
Gli inquirenti, che tenevano sotto controllo la zona, hanno accertato che i bigliettini, che erano smistati durante i summit, venivano nascosti sotto terra. Solo al termine delle riunioni i ‘collettori’ li andavano a prendere e li davano ai destinatari. I pizzini erano ripiegati e chiusi con dello scotch.
Rigide le regole imposte sulla comunicazione: i messaggi dovevano essere letti e distrutti e le risposte dovevano giungere entro termini prefissati, al massimo 15 giorni.
Per convocare i summit, gli arrestati, molti dei quali allevatori, utilizzavano termini come ‘concime’ e ‘favino’, cereali dati in genere ai maiali. Gli scambi dei bigliettini a un certo punto hanno subito un arresto, che gli inquirenti ricollegano a un temporaneo possibile allontanamento di Messina Denaro – il cui nome è presente in alcune conversazioni intercettate – dalla Sicilia. I mafiosi non si riunivano mai all’interno delle masserie ma solo nelle campagne, cosa che ha reso più complicato intercettare le loro conversazioni.
Le indagini, finalizzate a disarticolare la rete che supporta la latitanza del capomafia di Castelvetrano, sono una prosecuzione delle operazioni “Golem” ed “Eden” condotte dalla polizia e dai carabinieri e che hanno portato in cella favoreggiatori e familiari del boss a partire dal 2011.