A Canicattì (Caltanissetta) sono stati beni mobili ed immobili per un valore 7 milioni 500 mila euro sono stati confiscati a Canicattì dalla Guardia di Finanza alla famiglia Di Calogero Gioia.
I militari del nucleo polizia tributaria hanno posto i sigilli al compendio aziendale della società di carpenteria metallica, costituito da capitale sociale, beni immobili, automezzi, disponibilità finanziarie, attrezzature, macchinari da lavoro e prodotti finiti. È stato nominato, dalla Corte d’Appello, un amministratore giudiziario.
Dall’inchiesta “Camaleonte” emerse che Di Gioia sarebbe un “trait d’union” tra l’allora boss di Agrigento Giuseppe Falsone ed il vertice dell’associazione mafiosa, rappresentato in quegli anni da Bernardo Provenzano, Antonino Rotolo, Carmelo e Giovanni Cancemi.