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Mafia, processo per la strage di via D’Amelio |Borsellino: “Mio padre aveva l’agenda con sè”

Oggi è il giorno delle deposizioni di Lucia Borsellino, figlia del magistrato assassinato dalla mafia, al quarto processo per la strage in corso a Caltanissetta. “Il 19 luglio del 1992, il giorno della sua morte, vidi mio padre mettere nella borsa, tra le altre cose, un’agenda rossa da cui non si separava mai – ha dichiarato -. Non so perchè la usasse – ha aggiunto – o cosa ci fosse scritto perchè non ero solita chiedergli del suo lavoro”.

“Qualche mese dopo la strage l’ex questore Arnaldo La Barbera ci restituì la borsa di mio padre – continua la donna – L’agenda rossa non c’era più. Io mi lamentai della scomparsa e chiesi che fine avesse fatto. La Barbera escluse che ci fosse stata e mi disse che deliravo”.

La teste ha ricordato lo scambio di battute con La Barbera, che coordinò il pool che indagò sulle stragi Falcone e Borsellino. “Quando gli manifesti il mio fastidio – ha aggiunto – mi disse che avevo bisogno di aiuto psicologico”.

La figlia del magistrato ha raccontato di avere successivamente trovato a casa del padre un’altra agenda, di colore grigio, che consegnò all’allora pm di Caltanissetta Anna Palma. “Visto quanto accaduto nella storia di questo paese – ha aggiunto – chiesi che ne facessero delle fotocopie e che acquisissero quelle, ma che l’originale ci fosse restituito”.

La Borsellino ha ricordato che l’ex capo del Ros, Antonio Subranni, dopo aver appreso delle dichiarazioni accusatorie fatte contro di lui dalla vedova Borsellino, aveva messo in dubbio le capacità mentali della madre da anni malata di leucemia. “Disse che aveva l’alzheimer – ha aggiunto – ma non era vero. Mia madre è stata lucida fino alla fine”.

Al processo ha parlato anche l’ex ministro della Difesa, Salvo Andò “Vidi in aeroporto, a Roma, Borsellino dopo la strage di Capaci. Ci appartammo per parlare e io gli accennai alla nota del capo della polizia Parisi in cui si parlava di un rischio di attentati ai nostri danni. Lui, meravigliato, mi disse di non essere stato informato della vicenda”.

Sull’avvicendamento al Viminale tra Vincenzo Scotti e Nicola Mancino, secondo alcune ipotesi investigative finalizzato a neutralizzare l’attività antimafia avviata da Scotti, Andò ha detto: “Scotti non mi ha mai detto nulla di ciò. Anzi quando si dimise da ministro degli Esteri non fece cenno a desideri di proseguire la sua azione, mi disse solo che, avendo la Dc posto i suoi davanti alla scelta tra la carica di parlamentare e quella di ministro, di avere optato per il Parlamento”.

 

Redazione

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