Papa Francesco chiama il killer Pietro Maso | “Ha avuto compassione di me, cambio vita”

di Redazione

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Papa Francesco chiama il killer Pietro Maso | “Ha avuto compassione di me, cambio vita”

| martedì 19 Gennaio 2016 - 14:41

Circa 25 anni fa massacrò i genitori ottenendo una condanna a 22 anni di carcere. Oggi, Pietro Maso, è vicino ad una svolta radicale nella propria vita: “Ho scritto una lettera al Papa in cui mi scusavo per quello che ho fatto 25 anni fa e pregavo per la pace. Dopo qualche giorno ha suonato il telefono: ‘Sono Francesco, Papa Francesco’. Ora dedicherò la mia vita agli altri”.

Maso uccise  i genitori il 17 aprile del 1991 a Montecchia di Crosara (Verona), aiutato da tre complici. In un intervista concessa a ‘Chi’, il 45enne si racconta: “Mi chiamo Pietro Maso, a luglio compio 45 anni e sono stato in carcere 22 anni per aver ucciso i miei genitori il 17 aprile 1991. Io ero il Male. Eppure Papa Francesco ha avuto compassione di me”.

“Gli ho scritto una lettera che gli è stata consegnata dal mio padre spirituale, monsignor Guido Todeschini. E dopo pochi giorni il Papa mi ha telefonato. Lui e don Guido sono persone sante – racconta Maso – Erano le dieci del mattino e suona il telefono. Ero con Stefania, la mia compagna, rispondo e sento: ‘Sono Francesco, Papa Francesco‘”.

Un’emozione incontrollabile: “Preso dall’emozione dico ad alta voce: ‘Santità’. Era il 2013. Gli avevo scritto una lettera in cui dicevo ‘Chiedo scusa per quello che ho fatto, chiedo preghiere per i miei colleghi di lavoro che mi hanno accettato nonostante quello che ho fatto, chiedo una preghiera per chi opera per la pace”.

Ma Pietro Maso conobbe anche la vicinanza di un altro Pontefice, Giovanni Paolo II. A monsignor Todeschini, “l’unico che mi tese una mano, Papa Giovanni Paolo II disse: ‘Vai avanti’. Adesso che ho scontato la mia pena lo posso dire: io non ho ucciso i genitori per soldi, perché i soldi li avrei avuti lo stesso”.

“Dissi che il motivo era quello perché quando abbiamo commesso l’omicidio un mio amico si era fatto fare un prestito ed eravamo sotto con i soldi – racconta – Ma ho tentato altre volte di ucciderli. Io sono stato tanto malato da piccolo e i miei mi dicevano ‘Non andare a lavorare perché sei malato’, ‘Non uscire perché sei malato’, ‘Pensiamo a tutto noi'”.

Un’infanzia molto complessa: “È come essere gay e i tuoi non lo sanno. Ti vedono diverso, stai male e non capisci perché. Non ne puoi parlare liberamente perché i tuoi non vogliono. Stai in casa e soffri. Questo disagio potrebbe essere il motivo“.

Oggi Maso, separato dopo aver perso il lavoro, si trova in Spagna: “Voglio accogliere chi ha sbagliato ed è in mezzo a una strada. Voglio dare un senso diverso alla mia vita. Solo chi è straniero capisce chi è straniero. Solo chi è in carcere capisce chi ci è stato”.

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