Bruxelles e il terrorismo islamista internazionale | Ecco perchè la piccola “capitale” non ha difese

di Giuseppe Citrolo

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Bruxelles e il terrorismo islamista internazionale | Ecco perchè la piccola “capitale” non ha difese

| giovedì 24 Marzo 2016 - 16:10

Le stragi di Bruxelles di martedì 22 marzo, prima all’aeroporto di Zaventem e appena un’ora dopo alla fermata della metro di Maelbek, impongono un’attenta riflessione sul ruolo della capitale belga nel panorama terroristico internazionale. Le stragi hanno seguito di poche ore l’arresto di Salah Abdeslam, l’uomo più ricercato d’Europa dopo gli attentati di Parigi del 13 novembre scorso. Era nascosto vicino casa, nel Municipio di Moleenbek, a Bruxelles.

I killer jihadisti, che hanno fatto strage nella redazione di Charlie Hebdo, e Ahmedy Coulibaly, che ha ucciso 4 persone al supermercato kosher di Porte de Vincennes, avevano contatti e conoscenze nella capitale belga; lì si erano riforniti dei kalashnikov usati per le stragi. E andando indietro nel tempo: il 21 agosto 2015 Ayoub el Khazzani, marocchino ventiseienne con un passato a Moleenbek, tenta un attacco sul treno Amsterdam-Parigi e solo il coraggio di altri passeggeri evita il massacro; nel gennaio 2015 un’operazione di Polizia nella città di Verviers smantella una cellula jihadista pronta all’azione; nel maggio 2014 Mehdi Nemmouche, francese di origini magrebine, aveva falciato una coppia di turisti israeliani, facendo fuoco davanti al museo ebraico di Bruxelles.

Le statistiche dicono pure che il Belgio è il paese europeo che, in rapporto alla popolazione, ha fornito più combattenti all’Isis. Secondo il Ministero dell’Interno belga, sono circa 400 i belgi che sono andati a combattere in Siria e Iraq negli ultimi due anni. Insomma Bruxelles, capitale di un piccolo stato europeo, città che non conta nemmeno un milione di abitanti, nota per lo più per la presenza delle Istituzioni Europee, pare essere diventata una centrale del terrorismo islamista internazionale. Perche?

Il Belgio è un paese molto particolare: nato nel 1830 da una ribellione contro la protestante Olanda, questo paese ha una fondamentale debolezza nella scarsa coesione tra il Nord Fiammingo, che ha profondi legami culturali con l’Olanda, ed il sud Vallone, legato culturalmente alla Francia. Alla tradizionale rivalità tra le due comunità non ha certo giovato il lento spostamento verso Nord del centro di gravità economico del paese: oggi la Vallonia è economicamente marginale e questo è un fattore di elevata frizione della definizione delle linee di Economia Pubblica del paese.

Il risultato di questa mancata coesione sono tre regioni indipendenti (Fiandre, Vallonia e Bruxelles) e delle Istituzioni federali di compromesso con una Monarchia spesso incapace di sostenerne la tenuta. Nel 2010 -11, il Belgio è rimasto senza un Governo Federale eletto per quasi due anni, a causa dei veti incrociati in un Parlamento diviso tra fazioni linguistiche.

La frammentazione istituzionale si riflette anche nelle agenzie che si occupano di sicurezza interna. Anche qui, scarso coordinamento e diffidenze reciproche minano l’efficacia del controllo sul territorio. Inoltre, la regione commerciale del Benelux dal dopoguerra e le Istituzione Europee dopo – in particolare l’accordo di Schengen – hanno reso il Belgio un paese di facile transito. Risultato: il Belgio è tradizionalmente uno dei paesi dove è più facile entrare ed uscire, con scarse difese contro il movimento di persone indesiderabili ed i traffici di armi ed esplosivi.

Bruxelles è ormai la “Capitale” d’Europa; questo ne fa un target ad alto contenuto simbolico per il Jihadismo che vuole porre i semi per un conflitto tra Stati ed Istituzione Europee da un lato e mondo musulmano dall’altro. Guardando al tessuto sociale di Bruxelles, si ha poi l’impressione di una sorta di giustapposizione di più città, adiacenti ma a tenuta stagna. É il risultato della  storia di quest’ultimi decenni, che ha fatto della capitale belga un centro di immigrazioni di natura molto diversa.

A Sud ed Est del quadrante cittadino ci sono i quartieri “ricchi” dei funzionari della Comunità Europea e dell’indotto internazionale, che provengono da tutta Europa, hanno le loro scuole e si frequentano tra loro. Ci sono poi i quartieri dell’immigrazione del secondo dopoguerra, richiamati dal boom delle miniere di carbone e dell’industria locale. Gli italiani sono i primi ad arrivare negli anni ’50 ed una larga comunità italiana è oggi presente un po’ dovunque, anche in Municipi in pieno centro città come Ixelles. Segue poi l’immigrazione di origine musulmana, turca o maghrebina; si tratta di comunità chiuse, cresciute nel Nord e Ovest della città, dei veri e propri quartieri arabi dove alcuni non parlano neanche il francese; la disoccupazione vi dilaga così come la piccola criminalità giovanile e lo spaccio di droga.

Nel passato di Salah Abdeslam ci sono tutti i fallimenti, personali ed ambientali, del processo di integrazione; nato da genitori marocchini a Moleenbek nel 1989, assunto a vent’anni come meccanico alla Stib, la società di trasporti pubblici di Bruxelles, viene licenziato due anni dopo per assenteismo. Inizia allora la sua discesa nel mondo della piccola delinquenza, con ripetuti arresti per rapina e per droga. Poi fa la conoscenza di Abdelhamid Abaoud, altro giovane belga di origini marocchine, che lo recluta nel  jihadismo. E’ l’inizio della tragedia e del sangue di Parigi e Bruxelles.

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