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Agguato a Palermo, ucciso il boss Dainotti | Lo Voi: “Si tratta di un atto simbolico”

Dainotti, condannato all’ergastolo, tre anni fa era stato scarcerato. Secondo quanto emerso, i proiettili lo avrebbero centrato all’altezza della nuca.

Il boss del mandamento di Porta Nuova, fu condannato per omicidio e per la rapina miliardaria al Monte dei Pegni nel 1991. Venne scarcerato grazie a una sentenza della Corte Costituzionale che bocciò il cosiddetto “ergastolo retroattivo“, giudicando illegittima una norma che consentiva retroattivamente l’applicazione del carcere al posto di una condanna a 30 anni.

A pochi mesi dalla sua scarcerazione, avvenuta nel 2014 per espiazione della pena, il boss Giuseppe Dainotti era già nel mirino dei suoi nemici interni a Cosa nostra. Dal carcere, il boss Giovanni Di Giacomo, con cui Dainotti gestiva negli anni ’90 traffici di droga, aveva dato l’ordine al fratello Giuseppe Di Giacomo, ucciso poi a marzo del 2014, di eliminare alcuni esponenti mafiosi che si stavano organizzando per assumere il comando del mandamento.

Le modalità dell’agguato rendono praticamente certa la matrice mafiosa del delitto. Il primo omicidio di Cosa nostra dopo tre anni di pace tra le cosche. L’ultimo padrino a essere ucciso è stato proprio Giuseppe Di Giacomo, che secondo i piani del fratello, avrebbe dovuto assassinare Dainotti.

“Quando è necessario, la mafia torna a sparare in modo evidente e simbolico. Uccidere Giuseppe Dainotti in pieno giorno, nel centro di Palermo, il 22 maggio, può avere diversi significati”, ha dichiarato il procuratore di Palermo, Francesco Lo Voi.

Foto da Twitter.

Fabrizio Messina

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Fabrizio Messina
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