Trump, non solo gaffe: i risultati del tycoon in politica estera

di Giuseppe Citrolo

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Trump, non solo gaffe: i risultati del tycoon in politica estera

| venerdì 19 Gennaio 2018 - 14:44

Alcuni dei più feroci critici della politica estera del presidente Donald Trump sono pensatori appartenenti allo stesso partito repubblicano. Secondo lo storico militare Max Boot, Trump è “completamente incompetente”, per Eliot Cohen “la sua gestione della politica estera è definita da errori e incomprensioni”, secondo Michael Gerson, autore di molti discorsi di George W. Bush, Donald Trump è “inadatto a ricoprire una carica politica”. Però questi critici non riconoscono il fatto che, al di là delle retoriche pugnaci e dei tweets, l’amministrazione Trump ha raggiunto, in questo primo anno di governo, alcune importanti vittorie in politica estera. In primo luogo, due successi in Siria, paese devastato da anni di feroce guerra civile.

Il primo successo è stato il lancio di 59 missili da parte di navi militari americane contro una base dell’esercito siriano il 6 aprile 2017 due giorni dopo che il regime di Bashar Al Asad aveva attaccato con il gas sarin una città in mano ai ribelli, causando la morte di circa 80 persone. Sotto la presidenza Obama l’esercito di Damasco aveva usato in varie occasioni gas tossici contro zone in mano ai rivoltosi, ma non c’era mai stata una chiara e decisa risposta americana; il secondo successo siriano di Trump è la distruzione definitiva del mini stato che l’Isis si era costruito in alcune zone del paese. Questo successo è stato propiziato dall’intelligente decisione, presa dal team di politica estera dell’amministrazione Trump, di fornire alle milizie curde, nemiche giurate dell’Isis armi anti carro, mortai e mitragliatrici di ultima generazione.

Anche nel vicino Iraq l’Isis è stato sconfitto con il decisivo aiuto della nuova amministrazione americana, che ha fornito un importante supporto aereo alle truppe di Baghdad. Rispetto al 2014 oggi l’Iraq è un paese molto più stabile e molti iracheni sono cautamente ottimisti sul futuro della propria nazione. In Afghanistan, paese che è una ferita aperta per gli Usa dal 2001  e dove la strategia del ritiro voluta da Obama ha sostanzialmente fallito, Trump ha promesso un impegno americano di lungo termine e l’invio di consistenti rinforzi al contingente militare americano già presente nel paese. Il governo di Kabul è rimasto molto soddisfatto di questo rinnovato interesse americano per la stabilita’ del proprio paese.

Alcuni dei buoni risultati raggiunti da Trump in politica internazionale derivano dalla sua marcia indietro su alcune assurde e pericolose promesse fatte in campagna elettorale: aveva dichiarato di considerare la NATO obsoleta e invece nel corso delle visite di stato in Europa ne ha ribadito l’importanza; diceva che avrebbe cominciato una guerra commerciale con la Cina e invece ha stabilito un buon rapporto personale con il presidente cinese Xi Jinping. Inoltre nel corso del 2017 alcuni pericolosi demagoghi e populisti che inizialmente facevano parte del team di Trump ne sono stati per fortuna allontanati: dal generale anti islam Michael Flynn al nazionalista estremo Steve Bannon all’ideologo di destra Sebastian Gorka.

Paiono oggi prevalere, all’interno dell’amministrazione, menti più raffinate e pragmatiche, come il consigliere per la sicurezza nazionale Macmaster e il segretario alla difesa Mattis. Dunque se non si presta troppa attenzione ai tweets e alle dichiarazioni volutamente polemiche del presidente (come le ultime sugli immigrati) si delinea una linea di politica estera molto più calma e pragmatica del previsto.

 

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