‘Ndrangheta, doppio blitz tra Reggio e Firenze: arresti e sequestri

di Emanuele Termini

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‘Ndrangheta, doppio blitz tra Reggio e Firenze: arresti e sequestri

| lunedì 19 Febbraio 2018 - 07:26

Oltre 40 arresti e circa 100 milioni di euro di beni sequestrati. È questo il bilancio di una doppia operazione condotta tra Reggio Calabria e Firenze contro la ‘ndrangheta da Dia e Guardia di Finanza. Nell’ambito dell’operazione “Martingala“, effettuata nel Reggino, sono finite in manette 27 persone e sono state poste sotto sequestro imprese, beni immobili e disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 100 milioni di euro.

Il blitz contro la ‘ndrangheta di Reggio

Dia e Guardia di finanza di Reggio Calabria hanno sequestrato, tra l’altro, 51 imprese. Le persone destinatarie del provvedimento di fermo emesso dalla Dda di Reggio Calabria sono ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio, reimpiego di denaro, beni e utilità di provenienza illecita, usura, esercizio abusivo dell’attività finanziaria, trasferimento fraudolento di valori, frode fiscale, associazione per delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, reati fallimentari ed altro.

Il blitz contro la ‘ndrangheta di Firenze

I Carabinieri e la Guardia di finanza di Firenze, invece, hanno incastrato e messo in manette numerosi soggetti ritenuti in affari con la ‘ndrangheta. Su tutto il territorio nazionale, infatti, sono state eseguite 14 ordinanze di custodia cautelare disposte dal gip del capoluogo toscano.

Nell’ambito dell’operazione “Vello d’Oro” sono state sequestrate 14 imprese, immobili e disponibilità finanziarie, in Italia e all’estero. Delle 14 le persone per le quali il gip, su richiesta della Dda di Firenze, ha emesso la misura di custodia cautelare, 11 sono finite in carcere e altre 3 agli arresti domiciliari.

I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. La vasta indagine, che ha visto all’opera ben duecento militari fra carabinieri e finanzieri, ha preso spunto da una denuncia per usura presentata da un imprenditore toscano nei confronti di Cosma Damiano Stellitano, imprenditore calabrese trapiantato a Vinci (Firenze).

Stellitano, a fronte di un prestito di 30mila euro, avrebbe preteso la restituzione, il giorno dopo, di 35mila euro, con un tasso d’interesse del 17%. Il proseguo delle indagini ha permesso di scoprire quello che secondo le accuse è ritenuto un sodalizio criminale, operante anche in Toscana, composto da membri delle famiglie calabresi Nirta e Barbaro: Antonio Scimone è risultato, sempre secondo le indagini condotte dai pm Ettore Squillace Greco e Giuseppina Mione, al vertice di una rete di ‘cartiere’.

Queste società, con sede anche all’estero, sono state costituite ad hoc per coprire attraverso fatture false e movimentazioni fittizie, ingenti movimenti di denaro proveniente da attività illecite, come lo spaccio di droga. Queste società sarebbero state il mezzo con cui erogare prestiti a società in difficoltà del settore conciario: prestiti mascherati da acquisti di pellame utilizzati a loro volta dagli imprenditori, alcuni dei quali destinatari delle misure di questa mattina, per pagare lavoro nero e al tempo stesso abbattere, attraverso le false fatturazioni, gli utili delle proprie aziende, scaricando al tempo stesso sull’Erario il ‘costo’ del finanziamento illecito ottenuto.

L’Operazione raccontata da Cafiero De Rhao 

L’operazione è stata illustrata dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Rhao e dai procuratori distrettuali di Firenze e Reggio Calabria. “Le proiezioni avvengono in modo da coinvolgere anche le imprese all’estero che emettono false fatture per consentire poi ad imprenditori collusi di frodare il fisco”, ha detto il procuratore nazionale antimafia.

“In Toscana – ha aggiunto De Raho – attraverso imprenditori collusi i quali hanno coperto sostanzialmente i proventi delle attività criminose con false fatturazioni, altri imprenditori invece, quelli in difficolta’, ottenevano dall’organizzazione criminale prestiti ad usura, e anche questi finivano per essere in qualche modo coperti da quelle stesse fatture”.

“Ruotano entrambe sul progetto imprenditoriale Scimone, che rappresenta l’obiettivo investigativo sia per Firenze sia per Reggio Calabria”, ha spiegato Cafiero De Raho. “Quella di Firenze vede l’esecuzione di un’ordinanza emessa dal gip, mentre quella di Reggio Calabria, molto complessa, è in corso con l’esecuzione di un provvedimento di fermo”.

Le due indagini hanno ad oggetto “numerosi imprenditori che sono a volte espressione della organizzazione ndranghetista”. Scimone “è un imprenditore della ‘ndrangheta, un uomo che si muove per l’organizzazione Barbaro-Nirta della Locride ma anche per la ‘ndrangheta della tirrenica, si attiva attraverso un sistema di società. Alcune società costituite anche all’estero, alcune produttive solo di false fatture, che servono poi a coprire il giro di danaro che ruota attorno a varie altre società o imprese individuali”.

“La ‘ndrangheta non si muove più con fucili, mitra ed esplosivi ma si infiltra nell’economia e la inquina”. Il provvedimento, firmato dal gip, Paola Belsito, ha portato anche al sequestro di 12 società, 5 con sede in Italia e 7 tra Slovenia, Gran Bretagna, Austria, Croazia e Romania, e di numerosi conti correnti bancari. I reati, contestati ai 18 indagati complessivi, vanno dall’associazione a delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio ed autoriciclaggio. Ad alcuni dei destinatari della misura di custodia in carcere anche l’aggravante del metodo mafioso.

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