Moro, quarant’anni fa il sequestro che cambiò l’Italia

di Redazione

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Moro, quarant’anni fa il sequestro che cambiò l’Italia

| venerdì 16 Marzo 2018 - 08:29

Quarant’anni fa, il 16 marzo del 1978, il leader della Democrazia Cristiana Aldo Moro veniva sequestrato da un commando di brigatisti in via Fani, a Roma. Fu l’inizio di 55 drammatici giorni culminati con il ritrovamento del cadavere di Moro all’interno di una Renault 4 rossa. Erano gli Anni di piombo, di quella che venne chiamata “Strategia della Tensione”. Quei giorni cambiarono la politica italiana e segnarono profondamente le coscienze. 

I misteri del rapimento di Aldo Moro 

Oggi Mattarella e Boldrini saranno in Via Fani per l’omaggio ad Aldo Moro e ai suoi cinque uomini della scorta trucidati durante l’assalto armato: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Quel 16 marzo di 40 anni fa, era in programma la presentazione del quarto governo guidato da Giulio Andreotti, quello del compromesso storico e della storica alleanza DC-PC. Moro ne era stato l’architetto e per questo pagò con la vita. 

Ma i lunghi anni trascorsi dai quei giorni angosciosi e sanguinosi non hanno mai reso giustizia alla verità dei fatti. Troppi i dubbi, troppi i sospetti, troppe le incongruenze in un drammatico fatto di cronaca divenuto lo spunto per teorie cospirazioniste di stampo internazionale. Ad oggi, ad esempio, non si sa quanti terroristi entrarono in azione. Così come resta ancora un mistero come mai, in una città presidiata da numerosissimi posti di blocco, tutto sia filato liscio per le Brigate Rosse. 

Moro, le verità mai svelate

Come scrisse il giornalista Mino Pecorelli, anch’egli assassinato a Roma: “Il ministro di polizia (Cossiga, ndr) sapeva tutto, sapeva persino dove Moro era tenuto prigioniero: dalle parti del ghetto”. Al numero 8 di via Montalcini, interno 1, sarebbe stato tenuto sotto sequestro Moro per 55 giorni. Alcuni esponenti del gruppo criminale, come Danilo Abbruciati a Antonio Mancini, abitano a pochi passi. Dentro si trovano anche Prospero Gallinari e Germano Maccari. C’è chi ipotizza che lo statista sia stato prigioniero in altre zone.

In via Gradoli, al numero 96, invece, si sarebbe trovato il cosiddetto “covo di Stato”. Era la sede di Mario Moretti, l'”ingegner Borghi”, con la compagna Barbara Balzerani. Il “covo” viene scoperto solo il 18 aprile 1978, in seguito ad una perdita d’acqua segnalata dall’inquilina del piano di sotto. Nella palazzina ci sono ben 24 case di società immobiliari intestate a fiduciari del Sisde.

I termini di secretazione sono scaduti e di volta in volta vengono pubblicati alcuni documenti realizzati durante la sua attività politicaNell’ottobre 2014 è stata costituita la commissione d’inchiesta parlamentare, alla cui presidenza si è insediato Giuseppe Fioroni. Ma la sensazione è che grosse parti della verità sul rapimento Moro difficilmente verranno mai a galla. 

 

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