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Robert Capa, a Palermo la mostra tra mito e realtà

PALERMO. Una figura a metà tra mito e realtà, quella di Robert Capa. Esponente di spicco del fotogiornalismo del XX secolo, fondatore insieme ad Henri Cartier-Bresson dell’agenzia Magnum Photos, Capa ha raccontato con immagini forti, intense e personali la crudeltà e la miseria della guerra, che fosse il secondo conflitto mondiale o la guerra civile spagnola o ancora la guerra sino-giapponese. Foto che tutt’oggi non solo sono documento storico ma si rendono simbolo attuale al di là del tempo e dello spazio. 

La mostra di Robert Capa a Palermo

La rassegna dal titolo “Robert Capa Retrospective”, in mostra a Palermo all’Albergo dei Poveri dal 25 aprile al 9 settembre, comprende 107 scatti in bianco e nero risalenti al periodo che va dal 1936 al 1954 e ripresi dal curatore Denis Curti a partire dalla mostra originaria di Richard Whelan, tra i massimi studiosi dell’opera di Capa. La mostra è promossa dall’Assessorato regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana all’interno degli eventi di Palermo Capitale della Cultura 2018 ed è organizzata da Civita in collaborazione con Magnum Photos e la Casa dei Tre Oci.

Tante e diverse le chiavi di lettura della retrospettiva palermitana dedicata a Robert Capa. Sono 12 le sezioni in cui si articola l’esposizione, a partire dai primi anni ’30 fino a metà degli anni ’50, e che si concludono con i ritratti degli amici artisti del fotografo, da Gary Cooper a Ingrid Bergman, da Matisse a Picasso, da Hemingway a Faulkner e con le immagini realizzate in Sicilia. “Capa ha consegnato alle generazioni future tutto quello che riguarda l’intensità psicologica e drammatica di una guerra. E’ quindi una mostra che ci invita a riflettere soprattutto oggi in un periodo di tensioni che stiamo vivendo”, ha commentato Sergio Alessandro, Dirigente Generale Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.

“In un momento segnato da fortissime tensioni sociali e geopolitiche, quando il tema del conflitto diventa più che mai allarmante – aggiunge Sebastiano Tusa, Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – presentiamo con convinzione questa mostra, dedicata a uno dei più grandi fotoreporter del Novecento. L’esposizione al Real Albergo dei Poveri è ancora una volta una volta una maniera per riflettere sul nostro passato e sull’attualità bruciante”.

Sergio Alessandromore
Denis Curtimore
Marion Schneider, Magnum Photosmore
Contadino siciliano indica a un ufficiale americano la direzione presa dai tedeschi, nei pressi di Troina, Sicilia, 4-5 agosto 1943. Copyright © Robert Capa © International Center pf Photography/Magnum Photosmore
Morte di un miliziano lealista, fronte di Cordoba, Spagna, inizio settembre 1936. Copyright © Robert Capa © International Center pf Photography/Magnum Photosmore

Le curiosità sul mito di Robert Capa

Nel tempo sono stati numerosi i tentativi di demolire il mito di Robert Capa. C’è chi ha messo in dubbio la veridicità di una delle sue opere più celebri, “Il miliziano”, altri hanno cercato di gettare delle ombre sull’amore che ha legato Capa alla fotografa Gerda Taro con la quale Endre Ernő Friedmann, vero nome del fotoreporter, inventò lo pseudonimo Robert Capa a partire dalla loro passione per il cinema di Frank Capra e scese in trincea per scattare fianco a fianco le foto che lo resero celebre. E’ lo stesso curatore Denis Curti a raccontare l’uomo dietro al mito di Robert Capa: “La fotografia del miliziano è stata molto discussa perché è stata accusata di essere un falso – spiega Curti – e di essere stata costruita. Robert Capa ha molto contribuito a creare questo mito. Secondo Richard Whelan quella fotografia è stata scattata durante un’esercitazione militare antifranchista dove Robert Capa era posizionato al sicuro. All’epoca le esercitazioni le facevano con proiettili veri e pare che il miliziano sia rimasto colpito da una pallottola amica”.

“La fotografia non può mentire ma i fotografi possono essere bugiardi”. E’ dietro a questo assunto di Lewis Hine che si nasconde tutto il pensiero di Capa riguardo alla fotografia ritenendolo, sì un mezzo oggettivo, ma al contempo ambiguo capace di riflettere comunque il punto di vista di una persona, il fotografo dietro all’obiettivo. Al mito appartengono anche gli scatti di Robert Capa del D-Day, dello sbarco in Normandia, di cui ci rimangono appena undici immagini riprese poi dal film “Salvate il soldato Ryan”: “Inviato per Life, – continua Curti – Robert Capa va in Normandia e scatta queste fotografie, le mette in un contenitore di metallo e le invia a Londra dove John Morris, photo editor per ‘Life’, le sta aspettando. Eccitato all’arrivo delle foto chiede alla sede di New York venti pagine per Robert. Il tecnico di laboratorio però commette un errore imperdonabile: nell’ansia di andare a produrre queste fotografie mette l’essiccatore al massimo e, mentre brindava con il resto della redazione al numero del secolo di ‘Life’, dimentica di spegnerlo. Il calore dell’essiccatore così fa sciogliere l’emulsione dei negativi. Di quei sei rullini che Robert Capa aveva scattato ne rimangono solo undici fotografie”.

Robert Capa e la Magnum Photos

Sarà sempre Capa a creare il copyright nel fotogiornalismo: “La sua esperienza – racconta Marion Schneider, exhibition coordinator Magnum Photos – è stata fondamentale per il suo progetto, che era quello di creare un’agenzia che potesse essere nuova, libera dalle pressioni del fotogiornalismo e di quello che era lo stile del tempo. La Magnum infatti è stata la prima agenzia fotografica indipendente, fondata – continua Schneider – da persone tutte con lo stesso potere. L’idea era quella di essere assolutamente liberi di scegliere il progetto a cui dedicarsi. Da qui – conclude Schneider – la decisione chiara e ferma che gli autori avrebbero conservato e posseduto il copyright delle foto, che non sarebbe stato ceduto alla rivista con cui collaboravano”.

Foto di: Valentina Grasso

Valentina Grasso

Il cinema è il grande amore cresciuto insieme a quello per la scrittura. Iniziati entrambi quasi per gioco, con il tempo sono diventati qualcosa di più serio spingendomi ad approfondirli fino a farne una professione. Il fascino del buio della sala risiede nel viaggio attraverso mondi alternativi perché è vero ciò che diceva Alfred Hitchcock, "c'è qualcosa di più importante della logica, l'immaginazione".

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Valentina Grasso
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