Corte dei Conti, Buscema: “Segnali buoni, ma serve programmazione”

di Egidio Villa

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Corte dei Conti, Buscema: “Segnali buoni, ma serve programmazione”

| giovedì 10 Maggio 2018 - 17:43

La Corte dei Conti celebra quest’anno il 70° anniversario della sua presenza in Sicilia con un evento svolto alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Nell’occasione abbiamo rivolto alcune domande ad Angelo Buscema che dallo scorso dicembre è il Presidente nazionale della Corte dei conti, sulla situazione del Paese e le prospettive economiche.

Buscema è anche figlio d’arte in quanto il padre, Salvatore, Presidente onorario della Corte, è stato uno dei massimi esperti di contabilità pubblica ed ha seguito tutta l’evoluzione e l’innovazione normativa in materia di contabilità pubblica “insegnandola” a tutti.

Presidente, qual è la situazione dei conti pubblici?

Il Def 2018 presenta un buon quadro di crescita in termini reali, viene confermata la crescita all’1,5%, con un miglioramento del quadro occupazionale, con un tasso di disoccupazione in progressiva discesa e con la conferma di un saldo positivo della bilancia dei pagamenti. L’assenza di un quadro programmatico, però, come ho detto in audizione in Parlamento martedì scorso, stimola a concentrare l’attenzione sui fattori che oggi spontaneamente alimentano le dinamiche del bilancio pubblico, con prospettive su cui si può e si deve lavorare”.

Uno scenario totalmente positivo.

“Direi di si, ma da approcciare, però, con cautela rispetto a scenari geopolitici che si sono affacciati sulla scena mondiale negli ultimi mesi, in particolare con riguardo al rallentamento degli scambi commerciali internazionali. Naturalmente, le prospettive per l’economia italiana sono fortemente dipendenti dal quadro macroeconomico europeo ed internazionale ed elementi di criticità possono derivare dal consolidarsi delle politiche commerciali USA annunciate (dazi, barriere all’ingresso), con l’innestarsi di una spirale di ritorsioni protezionistiche, che si tradurrebbe in una contrazione della domanda per esportazioni. Il termine della politica non convenzionale di acquisti di obbligazioni da parte della Banca Centrale Europea e della Fed, poi, con il conseguente progressivo aumento dei tassi di interesse potrebbe ulteriormente incidere negativamente. Ne è un sintomo l’evoluzione dei prezzi dei combustibili fossili che sono in costante risalita dal 2016.

In questo quadro il nostro Paese è sempre in ritardo?

“Noto parecchi segnali di miglioramento, in termini di crescita reale del Pil, l’Italia ha recuperato una parte dello svantaggio accumulato rispetto ai maggiori paesi dell’Area dell’euro a seguito della “doppia recessione” e della crisi, finanziaria prima (nel 2008-09) e del debito sovrano poi (con picco negativo nel 2012, quasi due punti di recessione in più della media). Nel quinquennio appena concluso, si rileva una limitata ma progressiva riduzione dell’indebitamento netto, che passa dal 2,9 per cento del 2013 al 2,3 del 2017. Il tasso di crescita resta, tuttavia, ancora quasi 0,8 punti percentuali al di sotto della media dell’Area dell’euro: uno scostamento che richiama i ritardi strutturali del nostro sistema produttivo in termini di produttività e di investimenti fissi lordi (in particolare in infrastrutture materiali e immateriali ed in capitale umano). Questi sono i nodi che deve affrontare la Politica”.

Qual è lo stato della macchina amministrativa pubblica?

“Segnali negativi, ha rilevato la Corte, derivano al Paese dal mancato completamento della riforma della pubblica amministrazione, delineata dalla legge delega 124 del 2015, con riferimento alla complessiva riscrittura del d.lgs. 165 del 2001 e alla auspicata riforma della dirigenza pubblica. Bisognerebbe far comprendere che la dirigenza pubblica, come tutta la macchina amministrativa, sono un bene al servizio dei cittadini, ricordando il valore degli eroi silenziosi che ogni giorno si battono negli ospedali o nelle strade per la salute e la sicurezza di tutti o sono al fianco delle famiglie nell’istruzione dei nostri giovani. Mi piace aggiungere che la Corte esprime sempre una valutazione positiva per le norme di intervento serie e rigorose per contrastare la povertà, fenomeno che durante gli anni della crisi ha registrato una crescita di dimensioni significative”.

In sostanza lei, fra queste luci ed ombre, quale prospettiva disegna per l’Italia ancora in attesa di un nuovo Governo?

“Il quadro macroeconomico e di finanza pubblica credo suggerisca molteplici spunti per il programma di politica economica di un nuovo Governo da sottoporre al Parlamento. Come ho detto, registriamo indicazioni favorevoli e rassicuranti, ma anche elementi critici che provengono sia dal quadro internazionale sia dall’emergere di nuove fragilità fra i cittadini, elementi che si riverberano sui nostri conti pubblici ed obbligano il decisore politico a compiere scelte economiche molto selettive.
L’evoluzione positiva della congiuntura trova conferma nelle recenti Spring Forecast della Commissione europea che hanno rivisto al rialzo le precedenti previsioni sulla crescita economica. Tuttavia, alcune incertezze non possono essere sottovalutate: il quadro macroeconomico internazionale non permette di escludere uno scenario di rallentamento della domanda per le nostre esportazioni ed un aumento del costo delle importazioni”.

Quindi ancora incertezza?

Direi di si, rispetto ad un quadro sostanzialmente positivo, sembra, pertanto, alla Corte necessario non lasciare in ombra i numerosi fattori di incertezza che si proiettano sul futuro prossimo e meno prossimo. Si tratta di fattori diversificati, che vanno dal verificato insuccesso che finora hanno segnato i tentativi di recuperare livelli più adeguati di investimenti pubblici – fattore importante per il sostegno della crescita economica -, all’evidenza di scenari demografici che, in particolare in Italia, potrebbero comportare un crescente assorbimento di risorse pubbliche per far fronte alle esigenze connesse all’invecchiamento della popolazione, una consolidata teoria economica narra che in assenza di crescita demografica non può crescere il PIL. Nei prossimi anni, il rapido invecchiamento della popolazione eserciterà pressioni molto significative sulla spesa pubblica di tutti i Paesi europei. L’intero comparto delle uscite per la protezione sociale considerata in senso lato (previdenza, assistenza e sanità) ne sarà influenzato. Il tasso di dipendenza degli anziani crescerà in misura ragguardevole. Le recenti revisioni delle stime di lungo periodo della spesa age-related prefigurano, per molte sue componenti, in primo luogo per la spesa pensionistica, andamenti meno favorevoli di quelli stimati fino a qualche anno fa. Si tratta di novità legate soprattutto ad un deterioramento del quadro macroeconomico e demografico di lungo termine che può, però, essere contrastato con politiche a favore della natalità, con un’equilibrata gestione dei flussi migratori e con una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.
Senza dimenticare la precarietà dell’assetto del nostro sistema fiscale che, in questi anni segnati dall’urgenza di reperire nell’immediato risorse ai fini del riequilibrio dei conti pubblici, si è progressivamente allontanato dai principi di fondo cui esso dovrebbe ispirarsi. Il difficile percorso che ci attende, quindi, non consente cedimenti o rallentamenti ma richiede scelte coerenti.

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