Centri sociali, la Cassazione: “La tolleranza li regolarizza”

di Redazione

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Centri sociali, la Cassazione: “La tolleranza li regolarizza”

| lunedì 13 Agosto 2018 - 18:43

È una sentenza storica che fa già discutere quella emessa dalla Cassazione sui centri sociali occupati che da anni svolgono attività in favore del loro territorio, come il ‘Tempo Rosso‘ di Pignataro Maggiore nel Casertano che da oltre 20 anni è impegnato nella lotta all’inquinamento della ‘Terra dei fuochi‘. I giudici hanno infatti detto ‘no’ agli sgomberi degli edifici pubblici diventati sede di centri sociali che per anni hanno portano avanti le loro iniziative con “l’acquiescenza” del proprietario dell’immobile.

Molto spesso sono proprio i comuni i proprietari che “ingenerano” nelle persone che occupano “il convincimento” della “legittimità dell’occupazione”, anche “attraverso atti positivi come il pagamento dell’utenza relativa al consumo di energia elettrica dell’immobile“. È stata quindi respinta la richiesta di sequestro di ‘Tempo Rosso’ presentata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere e sono state azzerate le accuse di occupazione abusiva per dieci attivisti, otto uomini e due donne. 

Centri sociali, la sentenza della Cassazione

Per il tribunale campano, dato che gli indagati erano dei bambini quando venti anni fa altre persone diedero vita all’occupazione dell’ex macello, “il Comune aveva prestato ventennale acquiescenza alla occupazione, sostanzialmente legittimandola, e impedendo la configurazione del reato” di occupazione abusiva. Quanto ai murales, per il tribunale, si tratta di realizzazioni che non rientrano “nel concetto di imbrattamento” e poi non si sapeva nemmeno chi li aveva dipinti. Nessuna prova inoltre che l’ex macello fosse pericolante, e “in ogni caso – ha affermato il tribunale con il ‘placet’ degli ‘ermellini’ – non sarebbe spettato agli indagati porvi rimedio ma, semmai, al Comune proprietario dell’immobile”. Alla Suprema Corte – con la sentenza 38483 depositata il dieci agosto – non è rimasto che dichiarare “infondato” il ricorso della Procura di Santa Maria Capua Vetere, affermando che il reclamo “è del tutto generico e non configura alcuna violazione di legge”

 

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