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Che cos’è l’Iri?

L’IRI, Istituto per la Ricostruzione Industriale, fu istituito il 24 gennaio 1933. Inizialmente come ente pubblico temporaneo, per far fronte alla gravissima crisi bancaria ed industriale dell’economia italiana di quegli anni. Al centro della crisi vi erano le tre maggiori banche: Banca Commerciale Italiana, Banco di Roma, Credito Italiano.

L’IRI nacque con il compito di affrontare il problema del risanamento bancario e al tempo stesso di procedere alla riorganizzazione delle partecipazioni nelle imprese che erano detenute dalle banche. Da questo compito derivava la sua denominazione: Istituto per la Ricostruzione Industriale.

Il 24 giugno 1937 l’IRI diventa Ente permanente, con due sezioni. la prima, la “sezione bancaria” costituita dalle tre banche (definite Banche di interesse nazionale, c.d. BIN), cui fu assicurata stabilità della maggioranza di controllo del capitale azionario, ma anche autonomia nella gestione.  E la seconda, la “sezione industriale” costituita dalle partecipazioni di controllo delle imprese (sia industriali che di servizi) trasferite dalle banche.

I drammatici eventi della Seconda Guerra Mondiale comportarono distruzioni di impianti e, nella fase finale, la spaccatura della sede dell’IRI: una al Nord, sotto la sovranità della Repubblica di Salò e dell’autorità militare tedesca di occupazione, ed una ripristinata a Roma, dopo la sua liberazione, nel 1944.

Nell’immediato dopoguerra era stata messa in discussione la possibilità della continuazione dell’IRI a causa del suo coinvolgimento con la politica economica del regime fascista. Ma, prima la Commissione Alleata di Controllo, poi la Commissione Economica dell’Assemblea Costituente, in seguito all’esame complessivo della questione, conclusero che l’IRI rispondeva ad un’esigenza strutturale e uno strumento importante per la ricostruzione post-bellica e per lo sviluppo dell’economia italiana.

Dal 1945 fino agli anni ’70 l’IRI fornì, infatti, nel quadro delle condizioni favorevoli che si aprirono, un contributo decisivo all’eccezionale sviluppo economico che caratterizzò l’Italia di quegli anni.  L’IRI andò impostando e realizzando progetti che furono i “vettori” dello sviluppo produttivo e della modernizzazione del Paese. Così, la realizzazione dell’Autostrada del Sole (e del successivo programma autostradale) rappresentò la creazione di una infrastruttura di grandissimo rilievo per il sistema dei trasporti e per l’assetto territoriale nazionale, nonché un caso di project financing di successo.

A metà degli anni ’70 l’IRI fu coinvolto nella crisi che sconvolse l’Italia, in misura anche più acuta degli altri principali paesi europei. La crisi del mercato obbligazionario e la difficoltà di ricorso al mercato azionario, fonti centrali del finanziamento del gruppo IRI, mettevano così in primo piano il problema dell’adeguamento del fondo di dotazione e quello della crescita all’indebitamento bancario. Il primo configgeva con le difficoltà della finanza pubblica; il secondo comportava forte aumento degli oneri finanziari con relativo squilibrio nei conti economici. Le complesse condizioni di equilibrio tra intervento pubblico e mercato che avevano consentito il successo della “formula IRI” furono così messe in crisi.

All’inizi degli anni ’80 un insieme di fattori – impatto dei mutamenti della politica monetaria internazionale, vincoli derivanti dall’adesione italiana al Sistema Monetario Europeo – spinsero Governo e imprese ad un complesso processo di adeguamento alle nuove condizioni.

In questo quadro, un’azione di contrasto nei confronti delle determinanti della crisi del Gruppo venne messa in atto dall’IRI con un programma di risanamento, di ristrutturazione, di riposizionamento delle attività, e di cessione di quelle non attinenti le “missioni” centrali. Venne anche promosso un processo di maggiore internazionalizzazione delle attività delle imprese.

D’altro canto, ragioni e modalità di intervento delle imprese a controllo pubblico, erano diventate oggetto di ripensamenti critici, nell’esperienza internazionale come nel caso italiano, con riferimento, in particolare: alla difficoltà del rapporto fra momento imprenditoriale e gestionale, e quello dell’indirizzo politico; alla complessità e lunghezza nel processo decisionale rispetto all’esigenza di sempre maggiore rapidità richiesta da mercati altamente concorrenziali. Le regole imposte intanto dall’Unione Europea (particolarmente in conseguenza del Trattato di Maastricht) ed i nuovi orientamenti del Governo, anche sotto l’urgenza della crisi della finanza pubblica, conducono al varo di un generale programma di privatizzazione del sistema delle imprese a partecipazione statale.

L’IRI, trasformato, da Ente pubblico economico, in s.p.a. l’11 luglio 1992, ha condotto un ampio programma di privatizzazione delle sue aziende. Queste operazioni hanno portato ricavi dell’ordine di 60 miliardi di Euro. Nel giugno 2000, compiuta in tempi eccezionalmente rapidi – tenuto conto della grande dimensione del processo – la quasi totalità del programma di privatizzazione, l’IRI entra nella fase di liquidazione (27 giugno 2000) e cessa definitivamente le sue attività.

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