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Beni confiscati, Confindustria: “Garantire legalità e sviluppo” | Saguto: “Cambiare la legge”/ VIDEO

Il ripristino della legalità e allo stesso tempo delle regole di libero mercato per restituire i beni confiscati allo sviluppo del territorio. In questo contesto  “è necessario affiancare un imprenditore alla figura dell’amministratore giudiziario” nelle aziende reimmesse nel tessuto produttivo. Questa la proposta di Confindustria che oggi ha organizzato a Palermo il convegno: “La scoperta dei beni confiscati: verso l’utilitas publica”. Tra i presenti anche Antonio Balsamo, presidente della sezione di Caltanissetta, Silvana Saguto, magistrato presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, Giovanbattista Tona, consigliere di Corte d’Appello di Caltanissetta, l’amministratore giudiziario Gaetano Cappellano Seminara.

Apre gli interventi il presidente di Confindustria Palermo Alessandro Albanese: “Confindustria ha già dato una grande disponibilità alle aziende confiscate che escono dalla distorsione del mercato. Sappiamo che ci sono difficoltà enormi quando queste rientrano nelle regole del mercato, sia con i fornitori che con i clienti. Sappiamo che il recupero del credito è difficile”. “Una impresa – continua Albanese – non può non avere un imprenditore. Se le aziende vengono considerate patrimonio del territorio, per il valore sociale che queste ricoprono in termini di redistribuzione della ricchezza e nella creazione dei posti di lavoro, vanno risanate. C’è bisogno quindi accanto a chi garantisce le giuste pratiche della legalità, di un imprenditore che garantisca la giusta gestione anche nei confronti del mercato”.

La tutela delle imprese e dei lavoratori nell’ambito dei beni confiscati è “un’esigenza stringente – dice Ugo Riccardo Tutone, del Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria Palermo. “Per questo motivo – continua – Confindustria sta devolvendo il suo tempo in questa attività. Una giornata in cui le associazioni di categoria, la magistratura e gli esponenti della sezione misure di Prevenzione collaborano anche per mantenere i livelli occupazionali nell’ambito dell’attività dell’amministrazione giudiziaria”. “Il ripristino della legalità è il primo obiettivo dell’amministratore giudiziario che arriva successivamente alla produzione dell’utilità nell’ambito della gestione di queste imprese”.

“Nella provincia di Palermo il 90% delle imprese in amministrazione giudiziaria sopravvive, in pratica non esiste un’impresa che abbia una procedura fallimentare”. Dice poi Tutone. Il dato riguarda tutte le aziende in amministrazione giudiziaria e non solo quelle sequestrate alla mafia. “E’ un dato inverso rispetto a quelli riscontrati su scala nazionale, ed è eterogeneo poiché riguarda sia srl che imprese individuali – sottolinea Tutone – Ciò dimostra che è l’amministratore giudiziario a fare la differenza sul territorio, per questo riteniamo utile affiancarvi un imprenditore che si occupi della gestione delle imprese attraverso l’istituzione di un albo imprenditoriale. Con questo incontro auspichiamo una maggiore collaborazione con le misure di prevenzione; mantenere il livello occupazionale è indispensabile nella gestione delle imprese”. “L’amministratore giudiziario non può limitarsi a essere un custode, poiché oggi non esiste più un tipo di ricchezza statica, ma deve prendere in carico una realtà economica complessa che fino al giorno prima aveva una sua vita e deve vedere come farla proseguire sul mercato – sottolinea Giovanbattista Tona, consigliere di Corte d’Appello di Caltanissetta – Non sono d’accordo sul fatto che l’amministratore giudiziario debba essere un manager, perché spesso le imprese mafiose si sono servite di ottimi manager. Ci vogliono persone con buone competenze manageriali, ma occorrono altre competenze per prevenire il rischio di infiltrazioni. L’amministratore giudiziario deve interpretare un nuovo ruolo”.

Dello stesso parere anche Antonio Balsamo: “La credibilità della nostra azione antimafia  si misura anche dalla sua capacità di ristabilire le regole del libero mercato in un’area come la Sicilia sottoposta a una pesante pressione delle organizzazioni mafiose e quindi dalla capacità di creare sviluppo. Sicuramente in questa prospettiva è centrale il confronto con le altre istituzioni e associazioni rappresentative degli imprenditori e dei lavoratori. Un modello di intervento praticato con molti risultati anche al tribunale di Milano”.

Silvana Saguto ritiene anche che vada cambiata legge su beni confiscati: “Sono d’accordo con il prefetto Caruso quando rileva che la legge antimafia va cambiata, perché è piena di criticità, soprattutto in fase di udienza di verifica dei crediti perché non consente di verificare la buonafede che si può esercitare solo nella fase della procedura concorsuale. L’accertamento dei debiti pregressi è la prima criticità”. “Per un’impresa che non è sul punto di fallire ed è in grado di continuare si potrebbe chiedere che la verifica della buona fede avvenga prima della conclusione del procedimento – aggiunge Saguto – Nell’affrontare questo tema va tenuto presente che l’impresa mafiosa è pronta a farsi carico di qualunque costo, a qualunque condizione e contro qualunque legge. Il fine di queste misure non può essere afflittivo, ma di prevenzione. Va tenuto conto di un condizionamento paradossale, in base al quale il mercato si rifiuta di trattare con quell’imprenditore che non è mafioso, perche’ è uscito da quella zona di influenza”.

Stefania Brusca

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Stefania Brusca
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