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Rimpasto o nuovo governo, il bivio di Letta | Ecco tutte le poltrone a rischio

Salva gli organi costituzionali – tutti gli organi costituzionali dello stato – la sentenza della Consulta che lo scorso 4 dicembre ha giudicato incostituzionale la legge elettorale, il cosiddetto Porcellum. Una risposta diretta a Beppe Grillo che da oltre un mese parla di delegittimazione del Parlamento, di necessità di impeachment per il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Spingendo poi al paradosso di elezioni necessarie ed immediate da celebrarsi ancora una volta, prima di una riforma del sistema di voto, ancora alle urne col Porcellum insomma.

E invece i giudizi dell’Alta Corte riuniti fino a ieri sera alle nove hanno fugato il campo da dubbi, giudicando “le Camere” come “organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”. Un passaggio preliminare all’altro che segue e che recita: “Il principio fondamentale della continuità dello Stato (…) non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento”.

E qualche addetto ai lavori, accorto quanto malizioso, in questa precisazione ha voluto interpretare i colloqui in questi giorni in corso, al Quirinale. Fra Napolitano e il segretario del Pd, Matteo Renzi, ad esempio. E che legittimano cioè il ruolo di mediazione della Presidenza della Repubblica. Ma anche le consultazioni che il premier Letta ha tenuto prima del viaggio istituzionale in Messico rimandando al ritorno il confronto sulla legge elettorale la cui riforma adesso non ha più motivi di rinvio.

Nei giorni scorsi, a Letta si sono presentati praticamente tutti: da Scelta Civica ai Popolari per l’Italia, dal Pd a Nuovo centrodestra fino a Tabacci di Centro Democratico. Proprio quest’ultimo, dalla sua posizione minore avrebbe chiesto al capo del governo un rinnovo totale dell’esecutivo saltando il passaggio del rimpasto che l’azionista di maggioranza della coalizione, il Pd, considera argomento da Prima Repubblica. E rumors insistenti sostengono che Letta abbia risposto di essere pronto ad un nuovo governo.

Non un rimpasto, insomma, ma un turn over che metta in discussione tutte le poltrone: dalle più traballanti come quella del ministro dell’Agricoltura, Nunzia De Girolamo, ormai travolta dalle polemiche sulle intercettazioni abusive nella casa del padre, a quella del ministro della Funzione Pubblica, l’esponente centrista Gianpiero D’Alia che insieme a Mario Mauro rappresenta nel governo l’Udc. Anche per il rappresentante della Difesa, al di là della copertura politica di Casini, i tempi sono bui: la questione Marò – ancora in prigione in India e a rischio di condanna a morte – gli mettono contro gli ambiente militari esasperati dall’inefficienza del mandato del ministro a risolvere la questione diplomatica.

Ci sono poi le caselle della Pubblica Istruzione con la ministra Maria Chiara Carrozza alle prese con lanci di sondaggi sulla “scuola che vorreste” che non entusiasmano gli insegnanti italiani e su cui Renzi ha evidenti appetiti. Ma anche la cultura con Massimo Bray che col governo Letta ha avuto anche la delega al turismo. In forse anche la Cancellieri alla Giustizia di cui nessuno ha dimenticato il pasticciaccio della scarcerazione di Giulia Ligresti. Per non parlare dei ministri allo Sviluppo economico, Flavio Zanonato o al lavoro, Enrico Giovannini sotto i cui ministeri i dati sulla disoccupazione giovanile sono aumentati ben oltre il livello di guardia che si era registrato durante il governo Monti.

Non è un caso che al Lavoro o all’Economia, dove Saccomanni è criticato da tutti gli alleati per l’ultima sortita sui 150 euro sottratti in busta paga agli insegnanti e dopo restituiti per la sollevazione popolare, lo stesso fondatore di Scelta Civica, Mario Monti aspiri pur avendo affidato ad un post sui social network la sua volontà di un disimpegno personale dai ruoli ministeriali. Personale ma non di partito. Chi rischia di uscire ridimensionato da un rimpasto o da un nuovo governo è il Nuovo Centrodestra che affida ad Angelino Alfano l’interlocuzione con il premier Letta.

Tuttavia la riduzione delle poltrone per Ncd non è certa. Anzi. Si attende, ancora una volta, di capire le mosse di Matteo Renzi che per paradosso, potrebbe davvero essere disinteressato a inserimenti personali nel governo per attribuire unicamente al governo Letta – rimpastato o rinnovato del tutto – le eventuali responsabilità di un anno di transizione da qui alle elezioni in cui maturino ancora una volta insuccessi politici. L’obiettivo in questo senso sarebbe chiarissimo: incassare il massimo risultato (elettorale) beneficiando delle inefficenze altrui.

Elena Di Dio

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Elena Di Dio
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