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La verità sulla foto del profilo gay-friendly | I tecnici di Facebook: era un’indagine di mercato

Su Facebook c’è stato un momento per le immagini del profilo con il nostro cartone animato preferito, a gennaio siamo tutti stati Charlie Hebdo, mentre qualche giorno fa siamo stati circondati da foto con i colori dell’arcobaleno, collegati all’imminente arrivo del Gay Pride. E allora se mettere Topolino o Lupin come foto del profilo era espressione di solidarietà per la Settimana dell’Infanzia, e scrivere #jesuisCharlie era unirsi al dolore per la strage che colpiva la Francia, la libertà d’espressione e la redazione di un giornale intero, colorare la propria immagine del profilo con l’arcobaleno doveva essere un segno di pace, un sostegno ai diritti inalienabili che ogni persona al mondo dovrebbe avere. O no?

La risposta è proprio quella, no. No, non era solidarietà verso i matrimoni tra persone dello stesso sesso, almeno non nelle intenzioni dei responsabili di Facebook, che martedì mattina hanno detto tutta la verità: era un’indagine di mercato, abilmente camuffata, ma un’indagine di mercato. Dietro la solidarietà ai matrimoni omosessuali c’era una ricerca di mercato che doveva determinare quanto rapidamente si potesse propagare un fenomeno virale.

Quanto impiega un messaggio ad attraversare il Web, a che velocità viaggiano i flussi di Facebook? “Cogliamo la palla al balzo”, avranno detto i tecnici del social network, e così ecco servito su un piatto d’argento il Gay Pride e una nuova app per modificare l’immagine del profilo (celebratepride) è subito disponibile a tutti. Finta solidarietà e finto trasporto emotivo, l’inchiesta di mercato è pronta, senza che nessuno lo sospetti neanche lontanamente. Nell’arco di quattro giorni, ecco 26 milioni di utenti aderire all’iniziativa: il social si spacca subito a metà, chi non ci pensa due volte e cambia la foto con le strisce colorate, chi non ci sta e addita gli altri come pecore, chi ha le migliori intenzioni ma non sa di essere cavia e chi sta dall’altra parte dello schermo per monetizzare la solidarietà.

Tancredi Bua

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Tancredi Bua
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