Scontro governo-sindacati, nessun segno di cedimento: la protesta in Francia continua ad oltranza. Clima sempre più caldo in diverse città per gli scioperi e le manifestazioni contro la riforma del lavoro varata del governo.
Secondo la polizia, nella sola giornata di oggi la mobilitazione conta tra le 8.000 e le 30.000 unità, numeri che non spaventano però il governo: “Non è possibile ritirare la riforma, ma possiamo sempre migliorarla” ha dichiarato il premier Valls.
A Parigi dieci manifestanti sono stati arrestati per aver tentato di rompere il cordone degli agenti di polizia scagliando bottiglie, distruggendo automobili e vetrine dei negozi sulla strada.
Proteste ad oltranza anche nelle altre zone del Paese: a Nantes i manifestanti hanno danneggiato una banca, con la polizia che ha risposto lanciando lacrimogeni; a Bordeaux un centinaio di persone ha assaltato una stazione di polizia, scontrandosi con gli agenti e creando disordini per strada. A Le Havre 3.600 lavoratori portuali hanno marciato per tutta la mattina, supportati dai cittadini e raggruppandosi poi nella piazza principale della città.
Ma i disordini più gravi sono quelli che stanno letteralmente immobilizzando la Francia. Nel corso della settimana gli scioperi hanno colpito trasporti ferroviari, distribuzione di idrocarburi – sei delle otto raffinerie di petrolio sono state bloccate – e energia nucleare. Dai sindacati informano che la copertura elettrica minima per evitare il blackout sarà comunque garantita ma il rischio è quello di portare il Paese al collasso, interrompendo i rifornimenti.
I manifestanti, guidati da Philippe Martinezm, segretario del Cgt, il principale sindacato francese, protestano contro la legge che mina il principio delle 35 ore settimanali, rende più semplice il licenziamento e indebolisce il potere contrattuale dei sindacati.
Nessun passo indietro nemmeno dal governo, il premier Manuel Valls ha già annunciato che l’articolo 2 della riforma – quello più contestato – rappresenta il cuore della legge e non verrà toccato, smentendo di fatto il Ministro delle Finanze, Michel Sapin, che aveva dichiarato solo qualche minuto prima del premier: “Forse bisognerà ritoccare l’articolo 2 su alcuni punti”.
Nettissima dunque la distanza dalla posizione dei sindacati, che annunciano che la protesta non si fermerà fino al ritiro della legge.