I lavoratori Fiat di Termini occupano il Ministero dello Sviluppo | “Non abbiamo ottenuto le risposte che ci attendevamo”

di Redazione

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I lavoratori Fiat di Termini occupano il Ministero dello Sviluppo | “Non abbiamo ottenuto le risposte che ci attendevamo”

| venerdì 31 Gennaio 2014 - 19:22

La delegazione di lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, che nel pomeriggio ha partecipato al tavolo del ministero dello Sviluppo, non ha intenzione di lasciare l’edificio di via Molise fino a quando non arriverà una risposta definitiva, e positiva, alla richiesta di spostare il confronto a Palazzo Chigi.

Nel corso del confronto al Mise, a cui hanno partecipato anche i sindaci di Termini Salvatore Burrafato e di Sciara Salvatore Riini, è stata sollevata anche la preoccupazione relativa alla copertura della cassa integrazione per gli operai dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese. Di fronte a questo nuovo allarme e in assenza di una convocazione ufficiale da parte del Consiglio dei ministri, i sindacalisti e i lavoratori hanno deciso di “occupare” le stanze del Ministero. Centinaia gli operai dell’industria che aspettano novità dalla delegazione nella piazza davanti al portone.

“Chiediamo a Letta di convocare un tavolo su Termini Imerese e di chiedere alla Fiat di rivedere la sua posizione. Finchè non avremo una risposta non usciremo”, dice Vincenzo Comella, della Uilm Palermo, che aggiunge: “La Fiat non è una azienda fallita e Termini Imerese può avere un ruolo fondamentale per la componentistica dei tre stabilimenti del meridione”.

Anche la Fiom ha giudicato “fallimentare” la trattativa al ministero e ha sottolineato che “la cosa più allarmante è che non c’è ancora alcuna risposta a cinque mesi dalla scadenza della Cig in deroga”.  “Siamo uniti nel chiedere l’apertura di un tavolo a palazzo Chigi – afferma Michele De Palma, responsabile del settore auto per la Fiom – perchè il piano di reindustrializzazione non si è mai realizzato”.

Duro lo scontro della delegazione con il sottosegretario Claudio De Vincenti che ha abbandonato l’incontro rispondendo, dicono fonti del Ministero, che al tavolo era lui il Governo. “E’ un atto gravissimo – dice De Palma. – Gli elementi portati alla discussione dal sottosegretario sono gli stessi degli incontri precedenti ma intanto 174 lavoratori dell’indotto sono stati licenziati e a giugno rischiano tutti gli altri per i quali c’è la cassa integrazione in deroga”.

Quattro le richieste poste sul tavolo dai due amministratori locali: “Dopo aver chiaro che il processo per la reindustrializzazione non ha portato al reimpiego dei lavoratori chiediamo un tavolo a Palazzo Chigi per affrontare la crisi dello stabilimento siciliano; certezza sul prosieguo della cassa integrazione fino alla fine del 2014 sia per i lavoratori Fiat sia per quelli dell’indotto; impegno delle istituzioni nazionali e regionali per arrivare al ritiro dei 174 licenziati; verifica della possibilità di integrare nel plafond degli esodati una cinquantina di tute blu che stanno maturando i requisiti in queste settimane”.

Il sottosegretario, Claudio De Vincenti, ha spiegato che “da poco c’è stata una manifestazione di interesse anche di un’azienda con riferimento al settore auto, la stiamo esaminando ma è molto prematura. Abbiamo ricevuto una prima bozza di piano industriale ma è molto recente e c’è da lavorare. Dobbiamo valutare consistenza e credibilità. Se la prospettiva nel campo automobili dovesse essere credibile dovrebbe dare prospettive migliori per l’occupazione”

“Il governo non mollerà finché non avrà raggiunto l’obiettivo della reindustrializzazione del sito – ha aggiunto De Vincenti -. Mi sono consultato con Letta e questa è la linea che il governo si è dato”. Il sottosegretario ha però confermato che “la situazione è difficile perché vogliamo dare delle risposte di prospettiva”.

Il sottosegretario ha poi annunciato che il nuovo tavolo per discutere la situazione sarà convocato entro due settimane. “È ancora presto per dire se sarà mantenuta l’occupazione – ha spiegato – in questo momento le iniziative hanno un impatto significativo ma non sono sufficienti per tutelare tutti i lavoratori. Se la proposta del campo auto dovesse essere credibile ci sarebbero prospettive migliori, anche perché ci sono gli spazi per unire diverse proposte”.

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