Da una “foglia bionica” carburante pulito | La scoperta arriva dall’Università di Harvard

di Lucia Argiroffi

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Da una “foglia bionica” carburante pulito | La scoperta arriva dall’Università di Harvard

| giovedì 12 Febbraio 2015 - 17:34

I ricercatori dell’Università di Harvard hanno sviluppato la “foglia bionica” (bionic leaf), che converte la luce solare in combustibile liquido. La “foglia artificiale” produce biocarburante attraverso un meccanismo complesso che simula la fotosintesi, servendosi dell’azione di un batterio geneticamente modificato.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), ha illustrato come il dispositivo sia una cella fotovoltaica capace di utilizzare la luce del sole per “spezzare l’acqua in due”, ottenendo idrogeno e ossigeno. Per riuscirci la “foglia artificiale” funge da catalizzatore delle reazioni di fotosintesi: grazie alla composizione chimica, riesce ad avviare la scissione della molecola di acqua, esattamente come succede in natura. L‘idrogeno e l’ossigeno “separati” possono dunque essere utilizzati per alimentare una cella a combustibile e produrre energia elettrica.

Questo complesso meccanismo risultava però molto costoso, così è stato “aggiunto” il batterio Ralstonia eutropha, geneticamente modificato. Il suo compito è quello di trasformare in combustibile l’idrogeno prodotto. In altre parole cattura l’idrogeno e lo combina con l’anidride carbonica, in modo da generare un liquido multifunzionale detto isopropanolo, un combustibile a base di alcool, utilizzato anche come additivo per carburanti.
Al momento l’efficienza energetica del processo è pari all’1%, ma i ricercatori stanno lavorando per portarla intorno al 5%.

La “foglia bionica” potrà essere usata per produrre combustibili, prodotti farmaceutici e altre molecole utili. Il tutto a costi contenuti: l’importante è che ci siano acqua, luce e CO2.

“Questo è un prototipo che dimostra come si possa raccogliere l’energia solare e conservarla sotto forma di combustibile liquido” commenta la professoressa Pamela Silver, uno degli autori dello studio. “È stata la formidabile scoperta di Daniel Nocera (senior author, che lavora su questa tecnologia dal 2011) del catalizzatore a dare il via a tutto quanto, a ci siamo presi la missione di voler interfacciare qualche specie di organismi con la raccolta di energia solare. È stato un incontro perfetto”.

La speranza è che l’energia solare possa trovare ulteriori acquirenti, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, dove la necessità di produrre energia a livello locale sarà un vantaggio per queste tecnologie.

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