Suu Ky, un premio Nobel per la Pace alla guida della Birmania

di Redazione

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Suu Ky, un premio Nobel per la Pace alla guida della Birmania

| lunedì 09 Novembre 2015 - 13:29

Aung San Suu Kyi è una donna di spessore che nella sua vita ha dovuto affrontare le dure battaglie contro il regime.

Nasce il 19 giugno 1945 a Rangoon, in Birmania dal generale birmano Aung San, esponente di spicco del Partito Comunista Birmano e segretario del partito dal 1939 al 1941, e da Khin Kyi.

Il carattere si forgia subito, purtroppo a causa della drammaticità degli eventi che la coinvolgono fin da bambina: il padre viene ucciso da alcuni oppositori politici nel 1947, dopo avere raggiunto una trattativa con il Regno Unito per l’indipendenza della Birmania.

La madre, negli anni Sessanta, diventa uno dei personaggi politici più importanti del Paese, ricoprendo il ruolo di ambasciatrice birmana in India, Paese in cui la piccola frequenta le scuole.

Dal 1964 al 1967 studia presso l’Università di Oxford, in Inghilterra e ottenuta la laurea in Economia, Scienze politiche e Filosofia, si trasferisce, due anni dopo, a New York, dove continua i suoi studi universitari e lavora presso la sede delle Nazioni Unite.

Nel 1972 conosce Micheal Harris, uno studioso della cultura tibetana, che diventa suo marito. Ha due figli.

Sul finire degli anni Ottanta torna nella sua terra natale a causa della malattia della madre Khin.

San Suu Kyi si rende conto che la situazione politica della Birmania, con il generale Saw Maung che ha preso in mano le redini del potere, impostando un regime dittatoriale, è diventata insostenibile, per cui nel settembre dello stesso anno decide di fondare la Lega Nazionale per la Democrazia, che si basa sui principi della non violenza predicati da Gandhi.

Il regime, infastidito dalla donna e della sua organizzazione, decide di condannarla agli arresti domiciliari, a meno che non decidesse di lasciare la Birmania. Suu Kyi decide, però, di non accettare le provocazioni restando nel Paese e alle elezioni il suo partito ottiene un successo elettorale schiacciante, ma il regime militare decide di riprendere il potere con la forza, non accettando la vittoria della donna che ha ottenuto un grande sostegno da parte della popolazione birmana.

Nel 1991 vince il premio Nobel per la Pace e dopo cinque anni passati agli arresti domiciliari, le viene permessa la semilibertà. Sono anni terribili perchè non può lasciare la Birmania e quindi non può ricongiungersi con la famiglia e il marito e i figli che, a loro volta,non hanno il permesso di andare in Birmania per andare a farle visita. Nella seconda metà degli anni Novanta il marito è colpito dal cancro e alla moglie non è permesso di vederlo; rimane vedova nel 1999.

Tre anni dopo l’ONU fa pressioni sul regime birmano, affinché conceda a San Suu Kyi una maggiore libertà e così la donna può circolare liberamente nel suo Paese.

Nel 2003 il regime dittatoriale la costringe nuovamente agli arresti domiciliari senza alcuna ragione. Le sue condizioni di salute peggiorano ed è sottoposta a varie cure e a vari interventi in ospedale. Dopo avere ricevuto numerose lauree honoris causa da diverse Università americane ed europee, quattro anni dopo San Suu Kyi incontra un ministro del regime che è stato nominato ad hoc.

Il 6 maggio del 2008 il Congresso degli Stati Uniti la insignisce della più grande onorificenza, la Medaglia d’Onore, per l’impegno profuso nella difesa dei diritti umani.

Nel 2009 un fanatico religioso americano raggiunge la casa della politica birmana, che è nuovamente costretta dal regime a prolungare gli arresti domiciliari in seguito all’accusa di essersi allontanata dalla sua abitazione durante la detenzione. Sempre nello stesso anno, con un discusso referendum popolare, i militari consolidano il loro potere nel Paese estromettendo dalla vita politica la Lega Nazionale per la Democrazia. L’11 giugno 2009 inoltre la donna viene condannata a tre anni di lavori forzati per via di un’assurda accusa di violazione della sicurezza.

Dopo innumerevoli appelli fatti per la sua liberazione, San Suu Kyi è rimessa in libertà il 13 novembre 2010 e da lì tenta la nuova scalata.

Nel 2012 viene eletta ed ottiene un seggio in parlamento dopo quindici anni di arresti domiciliari. Poche settimane più tardi, il 18 giugno 2012, riceve formalmente a Oslo il premio Nobel che le era stato assegnato 21 anni prima.

Nel 2015 la schiacciante vittoria alle elezioni.

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