Scandalo per l'”Associazione antiracket Salento” | Arrestata la presidente Maria Antonietta Gualtieri

di Redazione

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Scandalo per l'”Associazione antiracket Salento” | Arrestata la presidente Maria Antonietta Gualtieri

| venerdì 12 Maggio 2017 - 11:40

Bufera giudiziaria sull’Associazione antiracket Salento. I Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per la presidente Maria Antonietta Gualtieri, leccese, di 62 anni. L’indagata è ritenuta responsabile di truffa aggravata, peculato e frode nella percezione di fondi pubblici destinati alle vittime del racket e dell’usura. Ammonta ad oltre due milioni di euro la somma che sarebbe stata indebitamente percepita dal 2012.

La somma è stata assegnata all’Associazione antiracket Salento dall’Ufficio del Commissario straordinario antiracket istituito presso il Ministero dell’Interno. L’arresto rientra nell’operazione condotta questa mattina dai finanzieri che ha portato all’esecuzione complessivamente di tre misure cautelari in carcere, una ai domiciliari. Disposto a carico di 32 indagati il sequestro delle somme indebitamente percepite dal Ministero, per  un importo complessivamente superiore a 2 milioni di euro. È stata invece notificata l’interdizione dei pubblici uffici a sette dipendenti dell’Associazione; 40 le persone indagate.

Tra gli indagati spicca il nome dell’assessore al Bilancio del Comune di Lecce, Attilio Monosi (Direzione Italia), indagato per concorso in truffa aggravata. Nei confronti dell’assessore e’ stata emessa dal gip la misura interdittiva di divieto di ricoprire cariche pubbliche. Monosi è candidato consigliere (per DI) alle prossime elezioni amministrative di Lecce.

Monosi, secondo quanto emerso, avrebbe dovuto presentare oggi la sua lista alle comunali di Lecce. La misura interdittiva è stata emessa dal gip Giovanni Gallo su richiesta dei sostituti procuratori Massimiliano Carducci e Roberta Licci. La sua posizione sarebbe estranea comunque all’operato della presidente Maria Antonietta Gualtieri dello Sportello Antiracket Salento.

Si indaga invece su pratiche comunali riguardanti lo sportello di Lecce dell’associazione, per agevolare i pagamenti di lavori effettuati nella sede della stessa associazione. La stessa misura interdittiva ha raggiunto anche l’avvocato Marco Fasiello, uno dei legali dell’associazione antiracket.

I finanziamenti sarebbero stati indebitamente percepiti dall’associazione antiracket operante su Lecce, Brindisi e Taranto. “I soldi pubblici erano destinati a rafforzare le iniziative in materia di contrasto al racket e all’usura attraverso l’istituzione di tre sportelli nelle province di riferimento, presso i quali le vittime di racket possono trovare assistenza  con l’ausilio di specifiche figure professionali tra avvocati, commercialisti, esperti del settore bancario”.

A capo del sodalizio ci sarebbe la presidente dell’associazione, Maria Antonietta Gualtieri, la quale avvalendosi dell’apporto di numerosi altri soggetti, tra inquadrati all’interno della stessa associazione e pubblici amministratori, oltre che privati imprenditori, avrebbe posto in essere più condotte delittuose volte al fraudolento accesso ai finanziamenti.

AI fine di percepire indebitamente i fondi – spiegano i finanzieri – Ia Gualtieri, nel maggio 2012, avrebbe stipulato un’apposita convenzione con I’Ufficio del Commissario Antiracket istituito presso il Ministero dell’lnterno e con le amministrazioni comunali di Lecce, Brindisi e Taranto per I’istituzione di 3 sportelli presso ciascun capoluogo, aventi il fine di prestare assistenza alle vittime del racket e dell’usura e favorire l’accesso ai finanziamenti previsti dal Fondo di Solidarietà.

In sostanza l’Associazione e i relativi Sportelli erano di fatto non operativi e costituiti all’unico fine di frodare i finanziamenti pubblici mediante fittizia rendicontazione di spese per il personale ivi impiegato, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti relativi all’acquisizione di beni e servizi.

Le operazioni delittuose si concretizzavano inoltre in rendicontazione di spese per viaggi e trasferte in realtà mai eseguite, falsa attestazione del raggiungimento degli obiettivi richiesti dal progetto in termini di assistenza ai nuovi utenti e numero di denunce raccolte.

Sono anche stati stipulati contratti di collaborazione con dipendenti fittizi e compiacenti professionisti, emettendo false buste paga ovvero ricevendo fatturazioni per prestazioni professionali inesistenti. Le somme indebitamente percepite dai fittizi collaboratori pare venissero successivamente restituite in contanti alla presidente dell’Associazione, fatte salve le ritenute previdenziali e assistenziali.

L’organizzazione documentava, inoltre, l’esistenza di spese fittizie per l’acquisizione di beni e servizi quali inesistenti campagne pubblicitarie ed interventi di manutenzione presso le tre sedi, predisponendo una serie di  documenti, anche di natura fiscale, idonei a dimostrare il regolare svolgimento delle procedure di selezione delle aziende fornitrici e l’avvenuto pagamento delle prestazioni.

Il piano truffaldino “prevedeva che i finanziamenti indebitamente percepiti venissero dapprima bonificati in favore delle ditte che risultavano essere esecutrici, a pagamento delle forniture, e poi restituiti in contanti per un importo pari alla differenza tra l’importo fatturato ed una quota del 20%, quale ‘compenso’ alla stessa azienda fornitrice, cui veniva aggiunto il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la predisposizione della campionatura da trasmettere al Ministero”.

Le indagini avrebbero permesso di accertare l’illecita percezione di finanziamenti destinati alle opere infrastrutturali e all’acquisto degli arredi presso le sedi di Lecce e Brindisi, denotando dirette responsabilità a carico degli amministratori comunali e dei direttori dei lavori coinvolti nel rilascio delle autorizzazioni e nei pagamenti delle relative opere.

Le opere riguarderebbero lavori di ristrutturazione presso la sede di Lecce, in assenza della preventiva approvazione da parte dell’Ufficio del Commissario Antiracket, che venivano pagate con fondi del Comune anziché con i finanziamenti erogati dall’Ufficio del Commissario, al termine di specifica procedura di approvazione. La liquidazione veniva di fatto eseguita attraverso la creazione di un capitolo di spesa sprovvisto di copertura finanziaria, al fine di agevolare l’imprenditore affidatario dei lavori e consentirgli una veloce percezione di tali somme.

“Tali condotte pare fossero legate a doppio filo a rapporti esistenti tra l’impresa esecutrice dei lavori e un funzionario pubblico che in cambio riceveva agevolazioni nel pagamento di alcuni lavori eseguiti dalla stessa ditta presso la propria abitazione”, si legge nella nota delle Fiamme Gialle.

Al fine di sanare la situazione venutasi a creare in seguito ai rilievi mossi dall’Ufficio del Commissario Antiracket sulla irrituale procedura seguita e ottenere il rimborso delle somme indebitamente anticipate, sarebbe stata predisposta documentazione fittizia, al fine di dimostrare il rispetto delle procedure previste per l’approvazione dei lavori, in realtà già ultimati e liquidati.

Stesso copione a Brindisi dove le condotte delittuose venivano accertate anche in relazione ai lavori eseguiti presso lo sportello cittadino, dove funzionari comunali, insieme all’amministratore della ditta incaricata della esecuzione delle opere, avrebbero certificato l’ultimazione e la regolare esecuzione dei lavori, in realtà non ancora completati.

Foto da Twitter.

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