La storia delle Femen: dall’attivismo in topless ai retroscena del movimento

di Redazione

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La storia delle Femen: dall’attivismo in topless ai retroscena del movimento

| martedì 24 Settembre 2013 - 11:27

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PALERMO, 24 SETTEMBRE 2013 – Manifestano per i diritti delle donne, con la testa e con il corpo: letteralmente, perché il primo motivo di notorietà per le Femen, movimento di protesta ucraino, è stata proprio l’unione di slogan e topless.

 

Il tutto fatto al grido di “Venni, mi spogliai, vinsi”. Fondato nel 2008, il gruppo intende combattere sessismo, turismo sessuale e forme di discriminazione sociali. Ma non solo: a questo si aggiunge la volontà di incrementare le capacità intellettuali e morali delle giovani donne in Ucraina e e modificare l’immagine del paese, affinché non venga più considerato meta di turismo sessuale.

 

I metodi poco convenzionali di protesta sono stati in grado in breve tempo di attirare l’attenzione dei media: colonna portante delle Femen sono studentesse universitarie tra i 18 e i 20 anni, ma ci sono anche attivisti di sesso maschile. Le manifestazioni hanno invaso numerose città in tutto il mondo, Italia compresa. Ultimo episodio che ci ha interessati in ordine cronologico, l’intervento alla 70esima edizione della Mostra cinema di Venezia: alla base della partecipazione, la presentazione fuori concorso del documentario “Ukraine is not a brothel” (“L’Ucraina non è un bordello“), dedicato proprio a loro.

 

Le incursioni nel Belpaese includono una manifestazione del gennaio 2013 a Città del Vaticano (per i diritti degli omosessuali), un’altra a Milano nel mese di febbraio (per contestare Silvio Berlusconi) e una a Roma nel marzo 2013, dove a piazza San Pietro un’attivista ha mostrato sul corpo nudo la scritta “No More Pope”. Tornando alla loro storia, a fondare tutto è stata Anna Hutsol: inizialmente si manifestava in biancheria intima, poi si è passati alla modalità più “hard”.

 

Una delle maggiori arriviste Femen è Inna Shevchenko, ricercata dalla polizia ucraina dopo aver partecipato al taglio di una croce in legno in memoria delle vittime dello stalinismo, in segno di solidarietà con il gruppo delle Pussy Riot: per evitare l’arresto, Inna si è rifugiata a Parigi (in Francia l’associazione è stata ufficialmente riconosciuta nel 2012). L’elenco delle manifestazioni è lungo e nel tempo si vanno aggiungendo sempre nuovi elementi. Una tale notorietà, tuttavia, non poteva non generare anche inchieste ed approfondimenti, alcuni dei quali hanno mostrato l’esistenza di alcuni scheletri nell’armadio.

 

Proprio in “Ukraine is not a brothel”, ad esempio, si parla della presenza di un uomo, Viktor Svyatskiy, che starebbe dietro tutte le attività delle Femen impartendo ordini e direttive e che recluterebbe le varie attiviste. Da segnalare anche l’inchiesta della giornalista ucraina Daryna Chyzh, che è riuscita ad infiltrarsi all’interno del movimento: nel suo reportage si parla di un “provino” in cui l’avrebbero fotografata a seno nudo e di un training per imparare a mostrarsi inanzi alle telecamere e denudarsi in modo eclatante. La giornalista ha anche aggiunto che le attiviste Femen percepiscono un compenso di circa 1.000 euro al mese, mentre i responsabili degli uffici coordinativi di Kiev arrivano a stupendi mensili anche di 2.500 euro.

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