Il racconto di un ‘eroe per caso’ a Lampedusa: “Non dimenticherò i corpi che affondavano”

di Redazione

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Il racconto di un ‘eroe per caso’ a Lampedusa: “Non dimenticherò i corpi che affondavano”

| venerdì 04 Ottobre 2013 - 13:00

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Marcello Nizza è uno degli ‘eroi per caso’ che ieri ha salvato 47 migranti dall’annegamento. Qui racconta la sua storia

 

LAMPEDUSA (AG), 4 OTTOBRE 2013 – “Non dimenticherò mai lo sgomento e il dolore che si provano quando vedi una persona affondare nel mare”. Ha ancora la voce spezzata dalla commozione Marcello Nizza, 41 anni, l’uomo che ieri, mentre usciva con la sua barca dal porto di Lampedusa, si è ritrovato tutt’a un tratto circondato dai migranti naufragati, alcuni che chiedevano aiuto altri che si abbandonavano alla stanchezza di combattere e annegavano. “Braccia tese verso di noi – racconta Marcello – e più ne prendevamo a bordo, più ne vedevamo che non ce la facevano. Era straziante”.

 

Marcello, disoccupato, a Lampedusa per qualche giorno con amici e parenti, è diventato con i suoi compagni di avventura, eroe per caso. “Quando vedi una scena come quella che ieri si è presentata ai nostri occhi – dice – non ci pensi su due volte. Ti butti, afferri, risali, rianimi. Qualcuno mi ha detto che era pericoloso, che abbiamo rischiato tanto, che rischiamo ancora di essere denunciati per favoreggiamento di immigrazione clandestina. è assurdo, è ridicolo. In quei momenti non ci pensi proprio a tutto questo”.

 

Marcello racconta che i migranti in mare avevano le braccia tese verso l’alto, per chiedere aiuto. La stessa immagine che il presidente della Regione Crocetta ha raccontato in conferenza stampa – Crocetta dice di aver visto “il cadavere di una donna con le braccia alzate verso il cielo”. “Cercavamo di afferrarli – prosegue Marcello – ma ci sfuggivano, si dimenavano, ci scivolavano dalle mani per via del carburante che li ricopriva”.

 

A un certo punto la loro barca è troppo piena, rischiano di ribaltarsi. Per questo, nonostante in mare ci fossero ancora molte persone in vita che si sarebbero potute salvare, decidono di tornare al porto. Incrociano un’imbarcazione della Guardia costiera. “Abbiamo chiesto che trasferissero sul loro mezzo almeno parte dei migranti – dice – ma ci hanno risposto che dovevano aspettare il protocollo. Se ci avessero aiutato ad alleggerire la barca, avremmo potuto tornare in mare per salvare ancora molte persone. Invece siamo dovuti rientrare in porto”. 

 

“È da ieri all’alba – conclude – che sento il cuore sobbalzare quando penso allo sguardo di chi riuscivo ad afferrare mentre a distanza vedevo sparire dalla superficie tante altre persone”.

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