Palermo, non convince l’ipotesi della rapina | Gli inquirenti: “Lombardo voleva l’attività”

di Redazione

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Palermo, non convince l’ipotesi della rapina | Gli inquirenti: “Lombardo voleva l’attività”

| lunedì 22 Giugno 2015 - 09:23

L’ipotesi della rapina finita in tragedia non convince gli investigatori che a Palermo stanno dando la caccia ai due uomini che sabato pomeriggio hanno ucciso a colpi di pistola in piazza Lolli il benzinaio 44enne Nicola Lombardo. La vittima da poco tempo lavorava al distributore di proprietà del fratello di Franco Nangano, ucciso il 16 febbraio del 2013.

Secondo quanto emerso nelle ultime ore, pare che Lombardo volesse rilevare l’attività. Lombardo per circa tre anni ha lavorato all’Ip del proprio cognato Atanasio Sarullo, in piazza Sant’Erasmo; poi all’Ip di via Cataldo Parisio e infine alla Esso di piazza Lolli. Salvatore Nangano pare avesse deciso di lasciare la pompa di benzina proprio a Lombardo.

Nangano sembra che avesse acquistato la licenza di un lido balneare a Balestrate, in provincia di Palermo. Forse Lombardo aveva un concorrente, qualcuno che si è sentito scavalcato nell’accaparrarsi la gestione del distributore e ha reagito mettendo in scena una rapina al solo scopo di ucciderlo. Finora, però, si tratta di ipotesi. Per cercare di risalire ai due killer, gli agenti stanno passando al setaccio le immagini riprese dai sistemi di videosorveglianza.

Secondo alcuni testimoni, sabato pomeriggio intorno alle 15, una Fiat Punto scura con a bordo due persone dopo aver fatto il pieno, uno dei due uomini avrebbe intimato al benzinaio di consegnare i soldi. Richiesta seguita quasi immediatamente dai colpi di pistola 7,65, esplosi mentre la vittima era di spalle. Quindi i due sono fuggiti a tutta velocità in direzione del quartiere Noce.

Lombardo, soccorso dal 118 e trasportato all’Ospedale Civico, è morto dopo un intervento di oltre 6 ore lasciando una moglie e due figli di 10 e 4 anni. Proprio vicino al distributore, l’anno scorso vennero fermate due persone vicine ad ambienti mafiosi della famiglia di Porta Nuova. Secondo l’accusa i due avevano due pistole e i passamontagna. Una delle armi, secondo la scientifica, sarebbe stata usata per l’omicidio del boss Giuseppe Di Giacomo, avvenuto il 12 marzo dell’anno scorso.

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