DIETA: per limitare le infezioni urinarie due litri d’acqua al giorno e tanto succo di mirtillo. I consigli dell’esperto

di Redazione

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DIETA: per limitare le infezioni urinarie due litri d’acqua al giorno e tanto succo di mirtillo. I consigli dell’esperto

| sabato 01 Giugno 2013 - 07:38

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PALERMO, 1 GIUGNO 2013 – Recenti studi hanno dimostrato che esistono delle correlazioni tra le infezioni urinarie ed il tipo di alimentazione seguita: i fattori principali sono l’idratazione e l’acidificazione.

 

Le infezioni che ci interessano in questo contesto sono quelle che causano un’infiammazione acuta o cronica che interessa la vescica urinaria, e i relativi annessi, in presenza o meno di patologia urologica.

 

Esiste un’ampia varietà d’infezioni urinarie in base all’eziologia (le cause) ed al tipo di danno arrecato. Una delle infezioni cui nel linguaggio comune tutti facciamo riferimento è la cosiddetta cistite che si presenta in varie forme e con diverse risposte immunologiche in relazione al ripresentarsi dello stesso tipo di batterio in allocazioni differenti.

 

La cistite è un’infiammazione della vescica, generalmente provocata da un’infezione che può aver origine nell’uretra, nella vagina o, nei casi più complessi, nei reni: può essere favorita dalla congestione pelvica dovuta a eccessi alimentari o sessuali e da tutte le condizioni che sono d’ostacolo allo svuotamento della vescica, come l’ipertrofia della prostata.

 

Le manifestazioni della cistite comprendono una minzione dolorosa e difficoltosa, stimolata, tuttavia, in modo continuo e pressante e, in alcuni casi, l’emissione di urina torbida o mista a sangue (ematuria). La terapia si basa sull’assunzione di grandi quantità di liquidi e sulla somministrazione di antisettici delle vie urinarie e di antibiotici.

 

L’idratazione

E’ buona norma consumare almeno 2 litri di acqua al giorno, possibilmente distribuita nell’arco della giornata, in modo da mantenere idratati tessuti e indurre più frequentemente la minzione. Le minzioni frequenti hanno il vantaggio di ridurre l’azione irritativa causata da eventuali urine troppo concentrate e di assicurare una continua eliminazione di batteri presenti nelle vie escretrici.

L’idratazione, inoltre, garantisce un corretto funzionamento dell’organo deputato al riassorbimento, cioè il colon. Infatti, un intestino regolare difficilmente favorisce la proliferazione dei batteri fecali. Quindi è indicata, in questi casi, l’introduzione di adeguati apporti di cibi ricchi di fibre e nei casi più resistenti l’associazione di eventuali integratori di fibre, che si comportano come i comuni lassativi ma a differenza di questi non impediscono l’assorbimento delle vitamine liposolubili.

 

L’acidificazione

Ciò che influenza la non-proliferazione dei batteri urinari è l’impiego di diete ad elevato residuo acido che abbassano il Ph urinario e di conseguenza il non attecchimento alle pareti dei batteri.

 

Il nostro organismo, da solo, provvede ad attuare tale difesa: infatti leggeri stati catabolici, quale il digiuno notturno, acidificano le urine ma talvolta può non essere sufficiente. Uno dei prodotti acidificanti, suggeriti dalle credenze popolari, è il succo di mirtillo che fornisce un buon apporto di liquidi e vitamine: la sua efficacia è stata dimostrata di recente.

 

Uno studio condotto in Inghilterra da Avorn et al ha dimostrato che l’assunzione giornaliera di 300 ml di succo di mirtillo riduce di circa il 50% l’insorgenza di recidive. Sono tuttora in corso studi per dimostrare nello specifico quale componente del succo di mirtillo sia il responsabile di ciò, ma il più attendibile sembra essere il quantitativo di vitamina C.

L’impiego di diete ad elevato quantitativo acido trova anche il suo riscontro nelle infezioni determinate da calcolosi. Nell’ottica di un adeguato apporto di alimenti a residuo acido è opportuno tenere in mente anche gli alimenti che hanno l’effetto contrario, cioè alcalinizzante. Infatti, quest’ultimi, fanno da “tampone”, cioè compensano l’acidità, annullando gli effetti finora descritti.

 

Quindi è opportuno aumentare gli alimenti a residuo acido e diminuire quelli a residuo alcalino. Bisogna, infine, sottolineare che queste raccomandazioni coadiuvano la terapia medica consigliata e non la sostituiscono.

 

Cibi a residuo acido:
• carne: carni rosse, pesce, carni bianche, uova, arachidi, molluschi e tutti i tipi di formaggi
• grassi: pancetta e le noci
• amidi: tutti i tipi di pane, soprattutto integrale, cereali in genere, crackers, pasta e riso
• legumi: lenticchie
• frutta: mirtilli e prugne

 

Cibi a residuo basico o alcalino:
• latte: latte e suoi derivati
• grassi: mandorle, castagne e cocco
• verdure: tutti i tipi soprattutto il cavolo, il dente di leone e gli spinaci
• Frutta: tutti i tipi tranne quella descritti

 

 

*dietista, consigliere regionale dell’Associazione Italiana di dietologia e nutrizione clinica

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