Arresto per “Piddu” Madonia e i killer di Luigi Ilardo. Sullo sfondo i misteri sulla cattura di Provenzano

di Redazione

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Arresto per “Piddu” Madonia e i killer di Luigi Ilardo. Sullo sfondo i misteri sulla cattura di Provenzano

| mercoledì 12 Giugno 2013 - 05:41

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CATANIA, 12 GIUGNO 2013 – Dopo 17 anni, sono stati individuati dalla polizia i responsabili dell’omicidio di Luigi Ilardo, il confidente che diede al colonnello Michele Riccio dei carabinieri le informazioni sul summit di mafia del 1995 a Mezzojuso (Palermo), al quale avrebbe dovuto partecipare il boss corleonese Bernardo Provenzano.

  

Il mancato arresto del capomafia è oggi questione centrale del processo per favoreggiamento contro il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu in corso a Palermo. 

 

Per l’uccisione di Ilardo, assassinato a Catania il 10 maggio del 1996, custodia cautelare in carcere notificata al boss Giuseppe “Piddu” Madonia, 67 anni, che si trova rinchiuso nel carcere de L’Aquila al regime del 41 bis, Maurizio Zuccaro 52 anni, detenuto a Milano Opera e Orazio Benedetto Cocimano, 49 anni in carcere a Frosinone.

 

Il provvedimento, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, si fonda sulle indagini della Squadra Mobile di Catania, basate sulle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e in particolare sulla confessione di Santo La Causa che partecipò alla fase organizzativa dell’esecuzione.

 

Il boss Madonia è indicato dagli inquirenti come mandante mentre gli altri due arrestati facevano parte del commando insieme a Maurizio Signorino e Pietro Giuffrida, deceduti. Il pentito Eugenio Salvatore Sturiale, all’epoca del delitto organico al clan Santapaola, fu testimone di alcuni appostamenti, che avvennero nei pressi della sua abitazione, e poi anche alle fasi dell’esecuzione.

Sturiale ha indicato Cocimano, Signorino e Giuffrida come i killer di Ilardo e La Causa, Cocimano e Signorino come gli autori degli appostamenti. Lo Stesso Santo La Causa, una volta pentitosi, ha confermato le dichiarazioni di Sturiale sulla dinamica dell’agguato.

Altri riscontri sono venuti dalle dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia tra i quali i catanesi Natale Di Raimondo, Giacomo Cosenza (quest’ultimo all’epoca uomo di fiducia di Ilardo), i nisseni Calogero Pulci, Ciro Vara e Carmelo Barbieri e i pentiti palermitani Giovanni Brusca e Antonino Giuffrè.

 

Dall’intreccio delle dichiarazioni dei pentiti gli inquirenti indicano con chiarezza il movente dell’omicidio. Ilardo era considerato dal boss confidente del colonnello dei Carabinieri Michele Riccio, prima alla DIA e poi “aggregato” ai Ros.

 

Dopo l’arresto di una lunga serie di latitanti sia in provincia di Catania che di Caltanissetta ed Agrigento Piddu Madonia decide l’esecuzione di Ilardo, sospettando che lui fosse l’autore delle “soffiate”. Per questo coinvolse i vertici del clan Santapaola che da carcere autorizzarono l’omicidio.

Ma dalle dichiarazioni di tutti i pentiti emerge il fatto che Madonia costruì una sorta di “falso movente” per spiegare agli affiliati l’eliminazione di Ilardo. Disse che era coinvolto nell’omicidio dell’avvocato Famà e che si era appropriato di somme provenienti dall’estorsione alle acciaierie Megara non consegnandole ai Santapaola.

 

La verità, gli stessi autori del delitto, la seppero dai giornali e dalla tv che riportarono le dichiarazioni degli investigatori. Inoltre la fase esecutiva subì un’improvvisa accelerazione nella prima decade di maggio, tanto che non si attese nemmeno il consenso di Provenzano. Ciò avviene proprio nel momento in cui Ilardo manifesta la sua disponibilità ad iniziare a collaborare con i pm di Caltanissetta e Palermo, il 2 maggio 1996.

 

Proprio su questo si continua a indagare, soprattutto sul sospetto che qualcuno abbia potuto avvertire i Santapaola della volontà espressa da Ilardo ai pm. Su questo si continua a indagare e anche sul quadro indiziario che coinvolge Vincenzo Santapaola, ad oggi ritenuto insufficiente dal Gip che non ha incluso il boss fra i destinatari dei nuovi arresti. Indagini che si legano in più di un punto con quelle sul ruolo dei Ros dei Carabinieri nella cattura del boss latitante Bernardo Provenzano.

 

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