“Siamo stati bravi?”: al Borsellino quater il pentito Tranchina racconta la ferocia dei boss

di Redazione

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“Siamo stati bravi?”: al Borsellino quater il pentito Tranchina racconta la ferocia dei boss

| giovedì 13 Giugno 2013 - 11:54

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ROMA, 13 GIUGNO 2013 – Un frammento in più della lucida e spietata strategia di Cosa nostra che nel ’92 chiama i suoi uomini a fare guerra allo Stato, o ad una parte di esso.

 

Il film della strage di via D’Amelio si arricchisce di un altro tragico “frame” con la testimonianza di un altro collaboratore di giustizia, Fabio Tranchina. “Dopo la strage, Graviano mi disse: ‘siamo stati bravi?'”. Il pentito aggiunge che quella frase gli “spense la vita” perché gli diede la certezza che la strage era anche opera sua.

 

Terzo giorno di udienza in trasferta a Rebibbia per la Corte d’Assise di Caltanissetta per il Borsellino quater che vede imputati i boss Salvo Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Dopo Gaspare Spatuzza anche Tranchina conferma che in via D’Amelio Cosa nostra non agì da sola: “Dottore, questa non è mafia, questo è terrorismo”.

 

Racconta i sopralluoghi dei giorni precedenti, l’acquisto dei telecomandi che Graviano disse servivano per il cancello di una sua villa, aggiungendo, però, “se scoppiano li trovano”. Tranchina, su ordine di Graviano acquistò anche un aereo telecomandato “doveva avere il motore a scoppio e poter portare due chili di peso”. Graviano spiegò a Tranchina che serviva a “portare un regalo” ma poi non fu utilizzato e finì in un cassonetto.

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