PALERMO, 30 AGOSTO 2013 – Sguardo basso, occhiale a “mezz’asta”, sorriso un po’ triste. “Avvocatessa, che cosa le porto?”. “No, non sono avvocato, per carità, porta male! Signor Pino, non sono avvocato, non siamo avvocati…”.
Passano i mesi, lui sempre lì… Impossibile non farti chiamare “avvocato”, troppo gentile per apostrofarti “signorina” come tutti quelli a cui dici “non sono avvocato”. Il signor Pino, cameriere storico del bar Sanremo, tappa obbligata di tutti quelli che hanno a che fare con il tribunale per guai non propri (auspicabilmente!).
Passano i mesi, gli anni. Avvocato lo sono diventata – il primo brindisi lì, con lui, anelando di sentirti chiamare “avvocato” a ragione! -, il signor Pino sempre presente, magari un po’ più curvo, magari un po’ più bianco (non lo sono forse anche io, seppure sotto la tinta?), ma sempre gentile, sempre col sorriso un po’ triste.
Gli acciacchi, la vita, i figli e le difficoltà, sue, mie, nostre – quanti avvocati ha visto passare, signor Pino? -, l’aperitivo più abbondante perché erano le sue “coccole” per i clienti abituali, quelli di ogni giorno. “Un biscotto, avvocato?”. “No, grazie…anzi, sì, và!”. E tanti brindisi, tanti pranzi alle tre, quando stava smontando, tanti toast al volo nelle pause. “Aspetta qualcuno? torno dopo?”.
I primi di agosto, caldo torrido: “avvocato, ma cchi cci fa ancora ccà?”. “Oggi è l’ultimo giorno, signor Pino, ci rivediamo a settembre”. No, non ci rivediamo questo settembre: il signor Pino se n’è andato. Con discrezione, prima che riprenda il caos connaturato a quel gran bazar che è il tribunale.
Io sono convinta che, da dove sta, magari insieme alla moglie che se n’era andata prima e della quale parlava con amore e rimpianto, ci guarda, vede quello che scriviamo, legge quello che sentiamo… E ci sorride, col suo sorriso triste e sempre gentile.
* avvocato che ricorda il signor Pino senza svelarci il suo nome
