Trasfusioni di sangue infetto, 2000 siciliani e lo Stato che non risarcisce. Da Strasburgo condanna all’Italia

di Redazione

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Trasfusioni di sangue infetto, 2000 siciliani e lo Stato che non risarcisce. Da Strasburgo condanna all’Italia

| mercoledì 04 Settembre 2013 - 16:02

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PALERMO, 5 SETTEMBRE 2013 – Ottantamila persone in Italia, duemila solo in Sicilia, da anni combattono due battaglie. Contro l’Epatite B o C o contro l’Hiv che ha cambiato le loro vite ma anche con chi ha la responsabilità del contagio: lo Stato italiano.

 

Si tratta di chi è stato infettato da trasfusioni di sangue o da prodotti da questo derivati e che in questa doppia, tragica lotta si sono scontrati con la parte più deleteria di burocrazia e leggi inadeguate. Più di uno di questi italiani, consumato dalla malattia, non ha avuto la possibilità di assistere alla fine del processo civile da lui intentato contro il ministero della Sanità, e sono stati gli eredi a ricevere il risarcimento.

 

Per tutti la beffa di ricevere una indennità integrativa stabilita da una legge del ’92 ma mai adeguata ai parametri Istat. Per gli 80 mila italiani e duemila siciliani arriva adesso un grande vittoria, con una sentenza della Corte europea del diritti umani di Strasburgo. Ma potrebbe essere l’ennesima vittoria di Pirro come avverte il legale palermitano Ermanno Zancla che da anni si occupa di numerosi casi di risarcimento con processi che hanno anche segnato precedenti giuridici di rilievo.

 

Ma andiamo con ordine. La Corte europea dei diritti umani con la sentenza “M.C. ed altri 161 contro Italia” del 3 settembre 2013 ha stabilito che lo Stato deve versare a tutti gli infettati l’indennità integrativa speciale prevista dalla legge 210/1992. Si tratta del diritto a percepire gli arretrati dell’adeguamento Istat per l’indennizzo riconosciuto ai cittadini infettati, a partire dal momento del riconoscimento per legge della loro condizione. La legge del’92 stabiliva che i pazienti infettati hanno diritto a un’indennità che deve essere rivalutata ogni anno in base al tasso d’inflazione. Ma le autorità italiane non hanno mai pagato la rivalutazione annuale e con il decreto legge 78 del 2010 l’hanno abolita.

Ma la Corte costituzionale italiana, con una sentenza del 2011, ha dichiarato incostituzionale il decreto. Un provvedimento, quest’ultimo, ora censurato anche dalla Corte di Strasburgo. Lo Stato italiano non ha fino ad ora “ubbidito” alla Corte Costituzione e adesso dovrà fare i conti con la sentenza di Strasburgo che, tra l’altro, non riguarda solo i 162 ricorrenti che hanno visto accolta la loro tesi, ma anche tutti gli altri italiani che si trovano nelle stesse condizioni. Lo Stato italiano avrà sei mesi di tempo, dal momento in cui la sentenza diventerà definitiva, “per stabilire una data inderogabile” entro cui s’impegna a pagare rapidamente le somme dovute.

“Si tratta di un successo – spiega il presidente dell’Associazione politrasfusi italiani, Angelo Magrini – attualmente i cittadini infettati ricevono un indennizzo, sulla base della legge 210 di circa 540 euro al mese, pagati bimestralmente. Ora, per effetto della sentenza, i cittadini infettati arriveranno a percepire circa 100 euro in più al mese. Un adeguamento – conclude – che contribuirà al sostenimento delle spese per farmaci e ticket a carico dei malati, ed in costante aumento”.

 

Ma c’è chi frena con l’entusiasmo. Filomena Gallo, Michele De Lucia, Andrea Spinetti – rispettivamente Segretario dell’Associazione Luca Coscioni, Tesoriere di Radicali italiani, membro di radicali Genova – parlano di “una sentenza storica, che colma l’inerzia dello Stato che, nonostante la pronuncia della Consulta, obbliga il danneggiato a ricorrere ai tribunali e a subire i tempi di liquidazione delle sentenze molto lunghi, rendendole immediatamente esecutive solo attraverso il giudizio di ottemperanza del Tar”.

“Sarà curioso vedere – aggiungono, però – come si comporteranno le istituzioni, considerato che allo stato attuale sono in forse addirittura le erogazioni dell’indennizzo stesso da parte delle Regioni, che non ricevono i trasferimenti in materia dal 2010″.

Ancora più chiaro il parere dell’avvocato Ermanno Zancla: “Se il ministero della Sanità non ha preso in considerazione una sentenza della Corte Costituzionale – spiega Zancla a Si24 – perché dovrebbe farlo con la Corte Europea? Teniamo in considerazione che su 80 mila persone sono solo 13 mila quelle che hanno intentato causa. Il timore concreto è che come già accaduto in moltissimi altri casi analoghi lo Stato italiano non pagherà spontaneamente come avrebbe peraltro già dovuto avendo ormai la Corte Costituzionale italiana definitivamente stabilito il medesimo diritto dei danneggiati”.

 

“Si tratta – conclude Zancla – di una somma enorme che il Ministero della salute ha già dimostrato di non volere impiegare a favore dei danneggiati, e che paga solo quando c’è una sentenza che lo costringe a farlo. Crediamo quindi che a maggior ragione i danneggiati che percepiscono l’indennizzo debbano iniziare una azione giudiziaria per l’ottenimento di quanto ormai definitivamente riconosciuto”.

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