La musica elettronica in Italia | L’ennesima opportunità persa?

di Francesco Reina

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La musica elettronica in Italia | L’ennesima opportunità persa?

| venerdì 15 Novembre 2013 - 16:33

Amata e odiata, ascoltata e criticata, la musica elettronica, nonostante tutto, continua ad influenzare quasi tutti i generi musicali. Il mondo dell’EDM (Electronic Dance Music) sta vivendo il suo periodo d’oro, milioni di giovani in tutto il mondo ne hanno fatto una tendenza, un motivo di aggregazione e sicuramente uno stile di vita. Gli artisti, perché di compositori si deve parlare, del genere fino a qualche anno fa erano banalmente “famosi” mentre oggi sono diventati delle vere super star milionarie, conquistando anche le prime pagine dei tabloid.

Un genere, l’EDM, che ha permesso di organizzare festival sold-out da migliaia e migliaia di partecipanti. Delle “piccole” Woodstock  basate sul principio culturale del PLUR – Peace, Love, Unity, Respect. Eventi così importanti che hanno permesso ad imprenditori come Pasquale Rotella, fondatore di Electric Daisy Carnival, festival di musica elettronica, di entrare nel mondo del conto in banca a più di 8 cifre.

Centinaia di festival in tutto il mondo. Ma data la situazione attuale, sembra che l’Italia non faccia però parte del mondo. Si, la volontà da parte di molti di attuare festival EDM in Italia c’è stata, ma molti organizzatori, piuttosto che offrire un prodotto dello stesso livello organizzativo del resto del mondo,  sembrerebbe invece che abbiano  pensato di trovare un modo per ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo presentando festival quasi “improvvisati” e con line-up (la lista dei dj che si esibiscono) di poco conto. Non facciamo, però di tutta l’erba un fascio. Ovviamente, esistono organizzatori che in modo corretto  hanno progettato festival in Italia, ma, come spesso accade anche in altri settori, hanno avuto grosse limitazione dall’elefantiaca burocrazia del Belpaese.

Se questa è la situazione per gli organizzatori, figuriamoci quella dei migliaia di ragazzi italiani che dedicano la propria vita alla produzione di questo genere musicale e che hanno come tappa obbligatoria la “residenza” all’estero. Migliaia di talenti, infatti,  il cui sogno è  quello di dedicare la propria vita alla musica vedono sfumare tra legacci e legaccioli, senza considerare alcuni interessi di major, i loro sogni. La situazione, ovviamente,  non tocca solo il settore, ma sembra assurdo di come non si riesca a guardare ad un fenomeno di rilevanza mondiale con la giusta serietà.

Ma non tutto è perduto. Infatti, se il sistema Paese ancora non è pronto, gli italiani sembrano essere tra i più prolifici autori di musica elettronica in ogni suo genere e sottogenere.

Benny Benassi, uno dei dj più noti al grande pubblico italiano e non solo, è uno di quelli che “Ci sono riuscito”: originario di Reggio Emilia, classe 1967, ha fatto, e continua a fare, la storia dell’Edm vantando remix e produzioni per pop star di fama mondiale come Britney Spears e Madonna. Anche i The Bloody Beetroots, gruppo fondato da Sir Bob Cornelius Rifo, che con il loro sound inimitabile sono riusciti a farsi apprezzare in tutto il mondo diventando quasi delle istituzioni nell’electro. Congorock, “figlioccio” dei sopra menzionati Benassi e Bloody Beetroots, remixer per Sean Paul e dj d’apertura per il tour di concerti di Rihanna “777 Tour”. E questi sono solo alcuni degli artisti nostrani ad esser riusciti a far diventare mondiale la propria fama.

Certo, niente di nuovo: nel mondo dell’arte noi italiani siamo sempre competitivi. Vero allo stesso modo che il nostro sistema Paese non sembra più essere in grado di accogliere e coltivare le nuove tendenze della musica e dell’arte che nel resto del mondo ritrovano sempre più importanza nei piani economici e sociali delle nazioni. Anche la musica elettronica.

Insomma, come in tutti gli ambiti, anche noi italiani abbiamo qualcosa di cui andare fieri, specialmente in ambito musicale, e l’unica speranza è che qualcosa si muova affinchè l’Italia torni ad essere una nazione famosa per i propri talenti e non per le ridicole vicende in campo politico.

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