Almaviva, la battaglia contro le delocalizzazioni | Vicari: “Il problema va affrontato con l’Unione Europea”

di Maria Teresa Camarda

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Almaviva, la battaglia contro le delocalizzazioni | Vicari: “Il problema va affrontato con l’Unione Europea”

| lunedì 17 Febbraio 2014 - 14:06

“Chiediamo alle Istituzioni locali di affiancarci nella battaglia nazionale contro le delocalizzazioni nel settore delle telecomunicazioni”. Si era chiuso così il tavolo tecnico alla Prefettura di Palermo sulla vertenza Almaviva Contact, che tiene in sospeso il posto di lavoro di oltre 4500 dipendenti. Non più dunque la ricerca e la ristrutturazione di una sede unica per i due call center palermitani, quanto piuttosto una vertenza più ampia, nazionale, contro un fenomeno che porta sempre più realtà imprenditoriali all’Estero a discapito del mercato del lavoro italiano.

Pronta la risposta del sottosegretario per lo Sviluppo economico, la senatrice Simona Vicari: “Siamo disposti ad affrontare subito la vicenda – dice – anche perché Almaviva è un’azienda che ha nel proprio statuto un divieto esplicito di delocalizzare: certamente un merito per questa società che ha investito tantissimo in Italia. Ma il problema va affrontato con l’Unione  europea, non può essere gestito soltanto dal Governo nazionale”.

“Non è possibile, infatti – prosegue Vicari – che le grandi aziende possano trovare opportunità più interessanti in altri Paesi europei, come Romania o Albania. Questa, altrimenti, non è concorrenza, non è mercato unico, ma è violazione dei diritti contrattuali, che genera una situazione in cui vince il più furbo”.

Un call-center, in cui il costo principale è derivante dal personale, può essere tecnicamente realizzato dove è possibile trovare personale professionalizzato, a basso costo, in grado di parlare un buon italiano, come per esempio in Albania o in Romania, appunto. Ed è contro questa fuga di commesse all’Estero che sta combattendo Almaviva Contact, il cui problema di trovare una sede unica per i due call center palermitani,  ex Alicos ed ex Cosmed, è diventato secondario rispetto a un “piano industriale nuovo”.

I sindacati, intanto, puntano il dito sugli evidenti rischi anche sul piano della tutela della privacy. Chi controlla infatti il corretto utilizzo dei dati sensibili, dal traffico telefonico alle coordinate bancarie di milioni di clienti italiani? Cosa impedisce che i clienti non finiscano nel traffico illegale internazionale di dati? Domande per cui è necessario un serio intervento da parte delle Istituzioni nazionali.

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