Il nostro cervello è in grado di riconoscere una bugia in meno di un secondo

di Azzurra Sichera

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Il nostro cervello è in grado di riconoscere una bugia in meno di un secondo

| martedì 11 Marzo 2014 - 11:43

Il nostro cervello è in grado di riconoscere una bugia in meno di un secondo. Attenzione a tutti i bugiardi: sarete smascherati in men che si dica.

Il nostro cervello è capace di scorgere una bugia davvero in un batter d’occhio: bastano solo 300 millisecondi. Il cervello è infatti in grado di confrontare in modo molto veloce quelli che sono gli input provenienti dalle aree che elaborano le espressioni facciali, la mimica e i movimenti del corpo (incluso il sistema specchio) e le confronta con le sensazioni viscerali della nostra memoria affettiva.

Lo ha dimostrato una ricerca coordinata dall’Università di Milano-Bicocca, pubblicata sulla rivista PlosOne e realizzata da Alice Mado Proverbio, del dipartimento di Psicologia in collaborazione con Marta Calbi, del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma, Alberto Zani, dell’Istituto di Fisiologia e bioimmagini molecolari del Cnr e Mariella Manfredi, del dipartimento di Scienze Cognitive della University of California San Diego.

Durante la ricerca trenta studenti universitari hanno osservato 280 fotografie che rappresentavano 8 attori teatrali mentre mimavano diversi stati d’animo differenti e ogni foto era accompagnata da una descrizione verbale dell’emozione interpretata. Durante la fase di osservazione delle foto, gli studenti sono stati sottoposti a una tomografia elettromagnetica a bassa risoluzione per misurare l’attività cerebrale.

Analizzando i risultati è emerso che bastano 300 millisecondi per riconoscere l’incongruenza tra il linguaggio del corpo e lo stato d’animo che dovrebbe essere espresso. Una bugia insomma.

“L’identificatore di bugie” si troverebbe quindi nella corteggia orbito-frontale ventromediale, l’area dove vengono messe a confronto le informazioni relative alla mimica della persona che ci sta davanti e le sensazioni legate ai nostri ricordi e alle nostre memorie affettive più profonde. Secondo lo studio quindi queste informazioni non solo vengono utilizzate per prendere delle decisioni ma anche per capire se una persona sta dicendo la verità.

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