Milano, prestavano soldi per giocare al casinò | Violenze verso i debitori, arrestati tre cinesi

di Redazione

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Milano, prestavano soldi per giocare al casinò | Violenze verso i debitori, arrestati tre cinesi

| mercoledì 12 Marzo 2014 - 08:39

Esercizio abusivo di attività finanziaria, usura, tentata estorsione lesioni. Con queste accuse i carabinieri del Comando provinciale di Milano hanno arrestato tre cittadini di origine cinese. I tre indagati, dopo aver costituito una società finanziaria fittizia, prestavano somme di denaro ai connazionali che venivano poi accompagnati a giocare nei casinò di Mendrisio e Campione d’Italia.

Chen Sifeng (detto A De, 38 anni) e la moglie Wang Hongdan (detta A Dan , 35 anni), insieme a un terzo personaggio, Chen Shengqiang, 46 anni, residente a Como, riuscivano a muovere un giro di centinaia di migliaia di euro e di franchi svizzeri. Sul denaro prestato veniva poi chiesto un interesse equivalente al 10 per cento ogni tre giorni e al 100 per cento al mese. Chi non riusciva a pagare le somme richieste poteva anche venire privato della propria attività.

I carabinieri hanno scoperto il giro grazie alle denunce di alcune vittime che temevano per la propria incolumità personale. Il gruppo di persone che prestava denaro era disposto anche a passare a vie di fatto che prevedevano estorsioni e lesioni personali. Due esempi su tutti: la titolare di un negozio picchiata e derubata a causa dei debiti e un altro uomo a cui è stato sottratto il passaporto.

L’organizzazione messa a punto dai tre operava dal 2010. Gli inquirenti ritengono, quindi, che il giro di usura fosse molto più grande dei 200 mila euro già individuati. Ecco come funzionava il meccanismo creato dai tre indagati. tutte le mattine alle 8 con un pullman pieno di giocatori partivano alla volta del casinò prescelto e nel momento in cui uno dei giocatori iniziava a perdere uno dei tre malviventi si offriva di coprire i debiti mettendo a disposizione il contante, applicando poi tassi a usura per farselo rifondere.

Dei tre, solo Shengqiang ha un lavoro, imprenditore, mentre gli altri due risultano nullatenenti. Gli inquirenti ipotizzano che siano riusciti comunque a mettere insieme ingenti capitali e si ipotizza che gran parte del denaro sia stato dirottato in Cina.

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