Lo Ior resta, senza soldi non si canta Messa | Bloccato il cambiamento auspicato dal Papa

di Adriano Frinchi

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Lo Ior resta, senza soldi non si canta Messa | Bloccato il cambiamento auspicato dal Papa

| sabato 12 Aprile 2014 - 07:47

“Senza soldi non si canta messa” dice un vecchio adagio diffuso soprattutto al sud e che sembra oggi il commento più adatto alle decisioni di Papa Francesco sullo Ior.

Dopo avere per mesi seminato terrore, ventilando l’ipotesi di una chiusura dell’Istituto per le Opere Religiose, il papa ha deciso che lo Ior “continuerà a fornire servizi finanziari specializzati alla Chiesa cattolica in tutto il mondo” e ad “assistere il Santo Padre nella sua missione di pastore universale”.

“Roma locuta, causa finita est” (Roma ha parlato, la causa è definitivamente chiusa) e pazienza per chi sognava un finale degno del film “L’uomo venuto dal Cremlino” in cui un papa russo, impersonato da un formidabile Anthony Quinn, si toglieva la tiara e regalava tutti i beni della chiesa ai poveri.

Il cambiamento della “banca vaticana”, auspicato dal Papa e dai suoi fedelissimi, sembra essersi bloccato davanti a numerose resistenze, soprattutto interne allo Ior. Non è un mistero che l’attuale presidente dell’Istituto, Ernst von Freyberg, ritenga necessario che lo Ior continui a esistere così com’è adesso, anche se migliorato nella sua operatività e “bonificato” dei conti e dell’eventuale clientela problematica.

Della stessa idea il consiglio di sovrintendenza dello IOR, composto dall’americano Carl Anderson, dal tedesco Ronaldo Hermann Schmitz, dallo spagnolo Manuel Soto Serrano e dall’italiano Antonio Maria Marocco, che il 24 maggio 2012 defenestrò l’allora presidente Ettore Gotti Tedeschi per salvare i due direttori Paolo Cipriani e Massimo Tulli, i reali responsabili degli scandali finanziari, che furono defenestrati ingloriosamente solo l’anno dopo.

E sembrano una garanzia per lo status quo anche la permanenza in due posti chiave di due personaggi piuttosto discussi: mons. Battista Ricca, prelato dello Ior, e lo svizzero René Brülhart direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria.

Quest’ultimo in particolare fu protagonista di una situazione abbastanza imbarazzante all’inizio del 2012 quando, secondo il racconto del vaticanista Sandro Magister, Brülhart “manomise la stesura originaria della legge 127 contro la criminalità finanziaria, introducendovi quei ‘passi indietro’ che il cardinal Nicora e l’allora presidente dello Ior Gotti Tedeschi denunciarono con forza e che gli ispettori di Moneyval riscontrarono, costringendo poi il Vaticano a riparare il malfatto”.

Davanti a queste resistenze l’unica contromossa possibile per il Papa è stata la creazione della Segreteria per l’Economia, il nuovo “ministero delle Finanze” del Vaticano, affidandone le sorti a due fedelissimi: il cardinale Pell a cui ha affiancato monsignor Alfred Xuereb, che lascia così la segreteria particolare del Pontefice.

Gli statuti, con le competenze del nuovo dicastero, sono ancora in fase di definizione, ma di certo appare dotato di poteri molto ampi tanto che Pell, già insediatosi, sta avocando a sé tutte le questioni economico finanziarie tentando di estendere la sua influenza anche sullo Ior.

Oltre alla Segreteria, Francesco ha fatto nascere anche il Consiglio per l’Economia, collegato al nuovo dicastero, che avrà potere d’indirizzo, composto da quindici membri, per metà cardinali e per metà laici, la cui presidenza è stata affidata al porporato tedesco Reinhard Marx.

Nonostante queste contromisure appare evidente che il primo round della partita sullo Ior sia andato a chi si oppone nettamente al cambiamento.

Forse chi pensava a cambiamenti radicali, con fare quasi renziano, non ha considerato che cambiare lo Ior vuol dire essenzialmente cambiare la Chiesa nella sua struttura e nella sua autocomprensione ma soprattutto nel suo rapporto con le cose di questo mondo.

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