“Le donne sono discriminate e subordinate non solo sulla base del sesso, ma per altri motivi, come casta, classe, abilità, orientamento sessuale, tradizione e altre realtà che espongono molte di loro a una violenza continua nel corso di tutta la vita, dal grembo materno alla tomba”: è uno dei passaggi di un rapporto redatto dalla relatrice speciale dell’Onu sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, riportato dall’agenzia missionaria Misna, la cui pubblicazione è coincisa con le condanne internazionali per lo stupro e l’impiccagione di due ragazzine Dalit nella zona di Badaun, nello Stato di Uttar Pradesh, il 28 maggio.
Se il dipartimento di Stato americano si è detto “inorridito” per l’episodio, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha fatto sapere di essere “particolarmente sconvolto dalla violenza brutale e dal raccapricciante omicidio di due donne adolescenti in India”. Il segretario generale ha inoltre criticato le dichiarazioni del leader del Partito Samajwadi, Mulayam Singh, in un riferimento indiretto, affermando: “Diciamo ‘no’ all’atteggiamento distruttivo sprezzante di chi dice ‘i ragazzi sono ragazzi, qualche volta possono sbagliare’”.
L’Onu aveva criticato l’India sulla scia dello stupro di gruppo di Delhi del 2012 e proprio lo scorso aprile aveva inviato il suo Relatore speciale sulla violenza contro le donne, Rashida Manjoo, in India e in Bangladesh, per preparare una relazione per il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite da presentare a giugno. Il rapporto, reso pubblico in questi giorni, è molto critico circa le “carenze sistemiche a frenare la violenza sessuale” in India.
“La violenza contro le donne in India – sottolinea nel rapporto Monjoo – è sistematica e avviene sia in pubblico che nella sfera privata sostenuta da un persistente sistema patriarcale di norme sociali e da gerarchie di genere. La natura intergenerazionale della discriminazione basata sulla casta condanna le donne a una vita di esclusione, emarginazione e svantaggio in ogni sfera della vita. A molte donne è negata l’istruzione e l’opportunità economica, mentre spesso sono impegnate in lavori pericolosi e non protetti, tra cui le moderne forme di schiavitù”.
La relazione sull’India rileva, inoltre, che il risarcimento per le donne Dalit vittime di violenza è molto limitato e che la discriminazione multipla è una barriera significativa per l’accesso ai servizi. “Agenti di polizia, rappresentanti pubblici e membri della comunità – denuncia Monjoo – sono coinvolti nel trasformare le accuse di violenza in semplici discriminazioni basate sulla casta”.
Nella relazione sul Bangladesh, Manjoo trova indicazioni di “elevati livelli di violenza contro le donne appartenenti a minoranze religiose ed etniche, come i Dalit, gli indù e i gruppi indigeni più a rischio. In queste comunità la persecuzione delle minoranze include stupro e violenza sessuale delle donne e il tasso di violenza è più elevato per le donne appartenenti a minoranze in Bangladesh perché sono considerate doppiamente infedeli: per essere donne e, allo stesso tempo, per essere parte di una minoranza religiosa”.