Testimone di giustizia costretto a lasciare la Sicilia non vuole rinunciare agli studi

di Maria Teresa Camarda

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Testimone di giustizia costretto a lasciare la Sicilia non vuole rinunciare agli studi

| martedì 12 Agosto 2014 - 17:54

Ha scritto al prorettore vicario per chiedergli di completare il percorso di studio interrotto perché vive da anni sotto protezione in un paese del Nord Italia. Ed ora un testimone di giustizia sta per laurearsi all’Università di Palermo dopo avere avere sostenuto gli ultimi esami in videoconferenza.

È la storia di un giovane che, per avere deposto in processi contro la criminalità organizzata, ha lasciato la Sicilia, la sua famiglia e i suoi studi e vive sotto falso nome. Per lui si è messa in moto una complessa macchina amministrativa che gli consentirà a ottobre di laurearsi in Scienze forestali e ambientali.

“Buongiorno professore Vito Ferro – ha scritto il giovane il 17 ottobre scorso – sono un suo studente di alcuni anni fa. Molto probabilmente si ricorderà di me. Le sto scrivendo per chiederle di aiutarmi a risolvere un problema che da tanto tempo ormai ho fatto finta di non vedere, ma che adesso ho deciso di affrontare: vorrei finalmente completare il percorso di studi che qualche anno fa ho lasciato a causa di eventi drammatici che hanno coinvolto tragicamente la mia vita, visto che per seguire mia moglie e per amore di giustizia ho dovuto lasciare la Sicilia, i miei genitori, l’Università e tutto ciò che comporta, scegliendo di entrare nel programma di protezione speciale”.

L’Ateneo si è messo quindi in contatto con il Servizio centrale di protezione dei testimoni per concordare le modalità di espletamento degli esami. “Bisognava metterlo in condizione di sostenerli senza dover rischiare la propria vita – dice Ferro – e ciò poteva avvenire soltanto sostenendo le prove in videoconferenza”. Il Servizio centrale di protezione ha messo a disposizione locali, funzionari e collegamento skype per lo svolgimento degli esami secondo le modalità stabilite dall’Ateneo, che ha anche predisposto una opportuna modalità di verbalizzazione degli esami”.

In otto mesi il giovane ha sostenuto i cinque esami che gli mancavano. Per il rettore, si tratta di una nuova sfida “per dimostrare che l’Università di Palermo assiste i suoi studenti anche in condizioni che esulano dalla normalità e che risentono del contesto territoriale siciliano”. Il 23 luglio, a esami conclusi, il giovane ha inviato una nuova lettera al prorettore, per ringraziarlo e per chiedergli di raccontare la sua storia, pur rispettando l’anonimato.

“Vi volevo descrivere l’altra faccia della Sicilia che non è soltanto criminalità organizzata e omertà, come molti pensano – scrive lo studente, ormai laureando – ma contiene meravigliosi paesaggi che vanno dal mare alla montagna, che offre mete turistiche piene di storia e di cultura, ma soprattutto ospita persone splendide dotate di onestà, intelligenza e senso di giustizia, in grado di diffondere legalità e solidarietà”. “È bastato soltanto accennare la mia situazione e l’impossibilità di recarmi all’Università che l’ateneo di Palermo ha subito hanno emanato un decreto per farmi svolgere gli ultimi esami in modalità videoconferenza. Direi un decreto unico e personale dal momento che sono il primo e l’unico studente in Italia a sostenere gli esami in questa modalità particolare”.

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