Italiani detenuti in India, annullato l’ergastolo | Erano accusati di omicidio passionale

di Redazione

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Italiani detenuti in India, annullato l’ergastolo | Erano accusati di omicidio passionale

| martedì 20 Gennaio 2015 - 09:48

Annullato l’ergastolo per i due italiani Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni detenuti in India. Erano stati arrestati nel febbraio 2010 con l’accusa di aver ucciso il loro compagno di viaggio Francesco Montis. Sono rimasti in carcere per cinque anni per una tragedia fatta passare per crimine.

Fra lentezze, rinvii, assenze e tradizioni, la sentenza della Corte Suprema indiana finalmente è arrivata. Subito dopo aver appreso la decisione, l’ambasciata d’Italia ha avviato le procedure per ottenere il loro rilascio dal carcere e disporne il rientro in Italia. La madre di Tomaso, Marina Maurizio, che da anni trascorre lunghi periodi a Varanasi per stare vicina al figlio, ha annunciato su Facebook la fine della loro odissea.

I due ragazzi italiani erano stati condannati all’ergastolo, in primo e secondo grado, per la scomparsa del ragazzo sardo, che venne trovato morto nella loro camera d’albergo.

È il 4 febbraio 2010. Tomaso Bruno, oggi 31enne, di Albenga, Elisabetta Boncompagni, 42 anni, torinese, e Francesco Montis, di Terralba, 30 anni all’epoca della tragedia, fidanzato di Elisabetta, sono all’hotel Buddha di Chentgani, alla periferia di Varanasi, nel nord est del subcontinente indiano. I tre ragazzi fanno uso di droga, hashish ed eroina, Francesco si sente male, i due lo portano in ospedale dove ne viene dichiarata la morte.

I due ragazzi vengono rinchiusi il 7 febbraio del 2010 nel carcere di Varanasi, accusati di omicidio e condannati per quello che i magistrati indiani hanno considerato di un delitto passionale: Francesco era infatti il fidanzato di Elisabetta e i due, Tomaso ed Elisabetta, lo avrebbero ucciso per potere stare insieme.

L’autopsia viene effettuata da un oculista ed è su questa che si basa l’esame dell’accusa. Il corpo del ragazzo viene subito cremato. L’obitorio è infestato dai topi per cui è impossibile effettuare una seconda perizia. Il referto parla di morte per asfissia da strangolamento e conta sei ferite da arma contundente. La madre di Francesco manda una lettera dove ammette i problemi di salute del figlio che soffre di gravi crisi d’asma ma questo non aiuta comunque a scagionare i ragazzi.

Dopo un anno di detenzione, il pubblico ministero chiede per Elisabetta e Tomaso la condanna a morte per impiccagione. Il 23 luglio 2011 sono condannati all’ergastolo e a fine settembre 2012 la pena è confermata in appello.

La sentenza recita: “Il movente che ha spinto i due accusati ad uccidere Francesco Montis non si può dimostrare per insufficienza di prove, tuttavia si può comunque ipotizzare che Tomaso ed Elisabetta avessero una relazione intima illecita”.

I due ragazzi sono reclusi nel carcere di Varanasi in condizioni pessime. Vivono in “barak” che ospitano sino a 140 detenuti e che in estate sfiorano i 50 gradi. Hanno la corrente elettrica solo qualche ora al giorno, bevono acqua non potabile e dormono a terra su stuoie e coperte. Non possono accedere a internet né usare il telefono: nessun contatto con il mondo esterno, possono solo scrivere lettere. Non hanno mai avuto né rimpatri né libertà su cauzione.

Numerose sono state in questi anni le iniziative di sostegno per aiutare i due ragazzi. Amici e parenti hanno creato l’associazione “Alziamo la voce” per non fare spegnere le luci sul caso. Su Facebook è nato il gruppo “Tomaso libero”, mentre il regista bolognese Adriano Sforzi, ha realizzato il film “Più libero di prima” che racconta la storia dei ragazzi reclusi in India, basato su lettere e riflessioni che Tomaso ha scritto in carcere.

I genitori dei ragazzi sono subito stati informati dall’ambasciatore Daniele Mancini dell’esito favorevole del ricorso, mentre i legali si sono messi al lavoro per ottenere copia della sentenza con cui chiedere alle autorità giudiziarie e penitenziarie dell’Uttar Pradesh il rilascio dei due italiani. È possibile che per finalizzare queste procedure siano necessarie almeno 24 ore. Una volta riottenuti i passaporti, sarà possibile farli rientrare in Italia.

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