Province, anche la Sicilia verso la cancellazione | La riforma bloccata tra i rimpasti di Crocetta

di Maria Teresa Camarda

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Province, anche la Sicilia verso la cancellazione | La riforma bloccata tra i rimpasti di Crocetta

| martedì 10 Febbraio 2015 - 15:45

Anche la Sicilia, mesi dopo il resto del Paese, prova a rendere definitiva la cancellazione delle Province. La riforma degli enti locali, infatti, dopo l’approvazione di un primo disegno di legge all’Ars,si era arenata nelle maglie dei tre rimpasti del governatore Rosario Crocetta. Adesso, un nuovo testo del governo – concordato ieri sera nel vertice di maggioranza a Palazzo d’Orleans, sede della Presidenza della Regione – è approdato in commissione Affari istituzionali dell’Ars.

Il testo è stato preparato del nuovo assessore per le Autonomie locali, Ettore Leotta, e prevede l’istituzione di sei Liberi consorzi e di tre città metropolitane (Palermo, Catania e Messina). “Da questo momento – dice Antonello Cracolici (Pd), presidente della Commissione – si parte con l’iter della riforma”.

Da domani a venerdì la commissione ha messo in calendario una serie di audizioni. Si comincia con l’Anci e le altre associazioni dei comuni, l’Unione delle Province (Urps) e i rettori delle Università siciliane; dopodomani la commissione ascolterà i sindaci dei comuni di Palermo, Catania e Messina e i commissari straordinari delle Province; venerdì sarà il turno dei sindacati. Il termine per gli emendamenti è stato fissato per lunedì prossimo, alle 14. “Martedì entreremo nel merito delle norme”, conclude Cracolici.

Il disegno di legge di riforma delle Province adottato stamani in commissione cancella già, pochi mesi dopo, alcune delle norme contenute nella legge approvata l’anno scorso che ha abolito l’elezione di primo livello, istituendo i Liberi Consorzi. Rispetto all’attuale normativa con nove Liberi consorzi e tre città metropolitane, il testo dell’assessore alle Autonomie locali Ettore Leotta, prevede la riduzione a sei Liberi consorzi e la costituzione di tre città metropolitane di area – invece di nove Liberi consorzi e tre città metropolitane come inizialmente previsto.

Alla luce di questa modifica, quei comuni che con referendum avevano optato di aderire a un Consorzio diverso dovranno rifare tutto daccapo. Gela, Niscemi e Piazza Armerina, che avevano aderito al libero Consorzio di Catania anziché alla Città metropolitana di Catania, così come il comune Licodia Eubea, che aveva aderito al libero Consorzio di Ragusa anziché alla Città metropolitana di Catania, potranno esprimere la volontà di rientrare presso l’ente di area vasta di provenienza, con deliberazione del consiglio comunale, che dovrà essere adottato a maggioranza di due terzi dei componenti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della riforma se fosse approvata dall’aula così come scritta dal governo.

Presidenti dei Liberi consorzi e sindaci metropolitani saranno espressone di elezioni di secondo livello, cui parteciperanno sindaci e consiglieri comunali, ma non potrà votare chi ha riportato una condanna anche non definitiva.

“Una vergognosa marcia indietro del governo in omaggio alla lobby dei sindaci”. Ed è una bocciatura senza appello quella che arriva dai parlamentari del Movimento 5 Stelle all’Ars al ddl del governo che ridisegna completamente la riforma delle ex Province, con “una assurda pianificazione di tre grandi aree metropolitane, che ricalcano i confini delle ex province di Palermo, Catania e Messina”.

“È un chiarissimo regalo – dicono i deputati Salvatore Siragusa e Francesco Cappello – a Bianco e Orlando, che apre la strada a grandissimi problemi pratici e di fatto regala una enorme doccia fredda ai comuni che avevano scelto di cambiare consorzio, come ad esempio Gela, che progettava di far parte del libero consorzio con Caltagirone e si ritrova ora nella città metropolitana di Catania”. Il Movimento comunque non alza bandiera bianca ed annuncia emendamenti per migliorare il testo.

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