Arabia Saudita e Occidente: dal fascino dei dollari | alle critiche delle organizzazioni per i diritti umani

di Giuseppe Citrolo

» Esteri » Arabia Saudita e Occidente: dal fascino dei dollari | alle critiche delle organizzazioni per i diritti umani

Arabia Saudita e Occidente: dal fascino dei dollari | alle critiche delle organizzazioni per i diritti umani

| domenica 28 Giugno 2015 - 09:45

L’Arabia Saudita ha il 18 % delle riserve petrolifere mondiali ed è il primo esportatore di petrolio al mondo; ha un Pil pro capite di oltre 50.000 dollari, ben più alto dell’Italia (35.000 dollari) ed un debito pubblico che non arriva al 15% del PIL. Polo d’attrazione per milioni di immigrati stranieri provenienti dall’occidente, dall’India e dal sud est asiatico, ne conta oltre otto milioni su una popolazione complessiva di 27. Faraonici investimenti interni sostengono la crescita industriale nel paese, con la creazione dal nulla delle “economic cities”, insediamenti industriali ed abitativi basati sulla raffinazione e trasformazione del petrolio.

L’Arabia Saudita attrae inoltre investimenti da tutte le maggiori economie del mondo: società americane , asiatiche ed europee partecipano a proficue joint ventures, attirate dalle favorevoli condizioni per i loro investimenti. Di recente la borsa di Riad, con oltre 700 miliardi di capitalizzazione, ha cautamente aperto le porte ad investitori stranieri. L‘Arabia Saudita è anche un protagonista della finanza internazionale: il suo Fondo Sovrano è il terzo più grande al mondo con oltre 700 miliardi di dollari in investimenti all’estero.

La più grande economia del Medio Oriente è un alleato imprescindibile degli Stati Uniti e dell’occidente. I rapporti americani risalgono agli anni ’30, con la scoperta e lo sfruttamento dei primi giacimenti di petrolio grazie a capitali e tecnologie americane.

L ’Arabia Saudita è al centro dell’attenzione delle organizzazioni occidentali per i diritti umani. Un recente fatto di cronaca è stato oggetto di critiche e condanne da tutto il mondo: nel giugno 2015 la Corte Suprema dell’Arabia Saudita ha confermato la condanna di Raif Badawi a 10 anni di prigione e 1000 frustate per apostasia, malgrado una grande mobilitazione internazionale per la sua liberazione. Raif Badawi, blogger liberale e critico dell’establishment religioso del regno, era stato condannato nel dicembre del 2012 per alcuni commenti on line in cui attaccava una università islamica ed importanti esponenti religiosi. Nel gennaio 2015 ha ricevuto le prime 50 frustate davanti ad una moschea di Jedda ed in seguito la condanna è stata sospesa per le precarie condizioni di salute.

Frustate, amputazioni, decapitazioni feriscono la sensibilità occidentale, ma sono previste dalla Sharia ed applicate nei paesi islamici più conservatori. Monarchia assoluta fondata negli anni 20 dai Saud, oggi un vasto clan con migliaia di membri, l’Arabia Saudita si ispira al wahabismo, una corrente islamica sunnita rigorista. I regnanti sauditi si fregiano del titolo di “custodi delle due moschee” e traggono la loro legittimazione politica da questo ruolo religioso di garanti dei luoghi più sacri dell’islam, la Mecca e la Medina. L’Arabia è suolo sacro per l’Islam, la famiglia al potere gode dell’appoggio dell’oligarchia wahabita e ne è fortemente influenzata.

La società Saudita è sottoposta al controllo capillare della mottawa, la polizia religiosa, che è presente dappertutto. E’ nota la condizione delle donne che, pur con un tasso di scolarizzazione che supera l’80%, hanno scarsissimo accesso al mondo del lavoro ed una vita privata stretta tra proibizioni di ogni tipo. Di recente, si sono registrate alcune aperture; dal 2013 le donne saudite possono viaggiare da sole in alcuni paesi vicini, previo consenso della famiglia; trenta donne sono entrate a far parte dell’Assemblea Consultiva dell’Arabia Saudita.

È ostacolata l’integrazione della minoranza Sciita, diffusa nell’est del paese. Secondo un rapporto di Human Rights Watch, gli sciiti sono sottoposti a sistematica discriminazione nell’accesso all’educazione, all’impiego e la cariche pubbliche; in passato, una fatwa di un importante Ulama saudita denunciava gli sciiti come apostati. In generale, la giustizia è amministrata con discrezionalità, specie quando nel giudizio sono coinvolti stranieri o membri di una minoranza religiosa.

Il Re Abdullah, scomparso nel 2014, così difendeva la posizione Saudita sui diritti umani: “E’ assurdo imporre ad una persona o ad una società diritti che sono alieni alle sue tradizioni e ai suoi principi”.

Ma la società e le istituzioni saudite non sono monolitiche. La cultura della superiorità ed esclusività in materia religiosa, può degenerare in odio e fanatismo. Raif Badawi ha definito, nelle sue invettive anti sistema, l’università islamica Imam Muhammad ibn Saud “un covo di terroristi’. Vero o falso che sia, è un fatto che cittadini Sauditi sono stati e sono al centro del terrorismo di matrice islamica ed è accertato che tra le fila dei combattenti dell’Isis si trovino migliaia di giovani sauditi.

Edizioni Si24 s.r.l.
Aut. del tribunale di Palermo n.20 del 27/11/2013
Direttore responsabile: Maria Pia Ferlazzo
Editore: Edizioni Si24 s.r.l.
P.I. n. 06398130820