Esportazioni, calo del 12% per le imprese siciliane

di Redazione

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Esportazioni, calo del 12% per le imprese siciliane

| giovedì 31 Marzo 2016 - 12:30

Ancora segno meno per le esportazioni siciliane. Il 2015 si è chiuso con -12% di vendite all’estero determinato da un calo delle vendite passate dai 9,6 miliardi di euro del 2014 a 8,4 miliardi di euro dell’anno appena trascorso. E se il trend regionale è negativo, c’è qualche provincia che fa eccezione. Cresce infatti il valore dell’export a Trapani (+14,43%), Agrigento (+13,5%) e Palermo (+11%). Performance in crescita anche a Catania (+9%) e Ragusa (+8%). Il calo più visto, invece, si registra a Caltanissetta con un -35%. Come già avvenuto negli anni precedenti, la dinamica negativa è stata influenzata principalmente dalla diminuzione delle vendite dei prodotti petroliferi raffinati. Complessivamente, però, i prodotti delle attività manifatturiere fanno un balzo in avanti del 15%. A scattare la fotografia sull’export regionale è l’Osservatorio economico di Unioncamere Sicilia che ha fatto il punto sull’andamento del commercio estero nel 2015.

Sempre sul fronte delle vendite all’estero Turchia, Francia e Stati Uniti si confermano i principali mercati di riferimento per le imprese siciliane. In aumento le esportazioni nei Paesi Bassi (+57%) mentre i venti di guerra hanno determinato un grosso calo in Libia che perde terreno con un -46%.

“I mercati esteri – commenta Santa Vaccaro, segretario generale di Unioncamere Sicilia – rappresentano una grande opportunità per le imprese siciliane che vedono nell’export un motore di crescita economica. Per questa ragione, l’azione a supporto dell’internazionalizzazione del made in Sicily è diventata una delle aree di intervento prioritario sulla quale il sistema camerale ha deciso di puntare”.

Nel corso del 2015 le importazioni siciliane sono diminuite del 26% e movimentano complessivamente un giro di affari di quasi 13 miliardi di euro. Il saldo tra import ed export resta negativo, anche se in misura minore rispetto al passato. In altre parole, si importa di più di quanto si esporti per una differenza che nel 2015 è stata pari a 4,5 miliardi di euro contro gli 8 miliardi dell’anno precedente.

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