Stranger Things 2, la recensione della 2° stagione della serie Netflix

di Paola Chirico

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Stranger Things 2, la recensione della 2° stagione della serie Netflix

| martedì 14 Novembre 2017 - 19:49

Stranger Things è una serie televisiva statunitense di fantascienza ideata da Matt e Ross Duffer e prodotta da Camp Hero Productions e 21 Laps Entertainment per la piattaforma di streaming Netflix.

La prima stagione è stata pubblicata su Netflix il 15 luglio 2016, la seconda il 27 ottobre 2017. La serie è stata accolta positivamente dalla critica, che ha lodato la caratterizzazione dei personaggi, il cast e l’atmosfera che omaggia il cinema di fantascienza degli anni ottanta.

Trama

Ambientata negli anni ottanta in una fittizia piccola città dell’Indiana, è incentrata sugli eventi legati alla misteriosa sparizione di un bambino e all’apparizione di una ragazza dotata di poteri psichici fuggita da un laboratorio segreto.

Seconda stagione di Stranger Things

Il 31 ottobre 1984 a Hawkins, Will ha delle visioni dell’ultramondo, ed un nuovo mostro, il “mind flayers” si impossessa di lui. Undici affronta il mind flayers e chiude la porta dell’ultramondo, mentre Will viene liberato. Alla fine Lucas inizia una relazione con Max, la nuova ragazza arrivata in città, mentre Mike vive finalmente la sua storia d’amore con Undici.

Recensione

Dunque, dopo aver visto la seconda stagione ed essendo passati alcuni giorni, mi sento pronta a parlarne. Ammetto che l’idea di una seconda stagione di una serie così perfetta mi sembrava davvero superflua e pericolosa. C’era il concreto pericolo di ripetersi e di enfatizzare quella nostalgia tipica delle stagioni successive alla prima. I fratelli Duffer, però, schivano sapientemente questi pericoli già dal primo episodio.

Questa nuova stagione rappresenta quello che non è stato nella prima. Infatti, si separa dai binari precedenti, vedi ad esempio I Goonies, per abbracciare un nuovo stile, più vicino ad un horror. Corpi sventrati, mostri, sangue e possessioni umane sono la splendida trovata che caratterizza questa nuova stagione. Ma non finisce qui.

A fare da cornice a tutti questi eventi da cardiopalma sono delle scene sapientemente girate, appositamente per smorzare l’ansia. Scene di puro trash anni ’80 si fanno spazio e riescono ad entrare nei nostri cuori, senza nemmeno farcene accorgere. Dagli abiti indossati da Undici dopo la sua fuga a Chicago, al fratello maggiore di Max che fa delle avance alla madre di Nancy e Mike.

Ormai conosciamo bene i protagonisti della storia e gioiamo nell’osservarne le nuove combinazioni. Non è un caso che la storyline meno brillante risulti essere quella legata a Nancy (Natalia Dyer) e Jonathan (Charlie Heaton), laddove l’ex bullo Steve (Joe Keery) fiorisce, grazie alla vicinanza con i bambini, sotto lo sguardo dello spettatore, diventando uno dei personaggi più riusciti di questa seconda stagione.

Uno dei difetti maggiori di questa seconda stagione è la storia di Undici. La storyline di Undici è superflua e mal congegnata. La settima puntata di Stranger Things, infatti, si discosta dagli eventi della trama principale della cittadina di Hawkins e segue Undici a Chicago, dove incontra sua ‘sorella’. Un episodio ambiguo, che ha scatenato qualche polemica e critica sul web.

“Sia che funzioni o meno per le persone, ci ha permesso di sperimentare un po’” hanno spiegato i fratelli Duffer in un’intervista “Per noi è importante provare a fare cose nuove e non rifare le stesse cose ancora e ancora. È quasi come fare il pilot di un’altra serie nel bel mezzo della tua stagione, che è una cosa folle da fare. Ma è stato sia divertente da scrivere che da realizzare. Molti si sono lamentati dicendo che è una puntata ‘filler’, ma non lo è, fa evolvere il personaggio di Undici, senza di quella la stagione e il finale non funzionano. Quindi abbiamo pensato che sia che funzionasse o meno, avevamo bisogno di quell’episodio o altrimenti tutta la struttura sarebbe crollata”.

Ed eccomi in pausa sul set di non aprite quella tapparella, un docu-film che studia i comportamenti e le interazioni ambientali di un esemplare di nerd strappato dal suo computer naturale e trapiantato nella vita reale. Il primo ciack non è andato mica tanto bene che non è suonata la sveglia.

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