Borsalino, non chiamatelo solo cappello

di Federica Zagone

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Borsalino, non chiamatelo solo cappello

| venerdì 22 Dicembre 2017 - 10:00

Se facciamo il gioco delle associazioni e vi dicessi Chanel N5, la maggior parte di voi mi risponderebbe Marilyn Monroe, se vi dicessi automobile quasi tutti Ferrari, e se dico cappello? La risposta sarebbe sicuramente Borsalino. Dopo 160 compleanni l’azienda che produce il cappello più famoso nel mondo è fallita. Non sono qui per parlare di bilanci, equilibri, ricorsi o gestioni familiari. Vorrei regalare un “Tribute to” come si fa con i grandi artisti. Sicuramente Giuseppe Borsalino nel 1857 quando decise di fondare un proprio cappellificio, non aveva idea che avrebbe generato un mito, come tale ad essere conosciuto in tutto il mondo, diventando un simbolo di classe ed eleganza.

“U Siur Pipen” questo era il soprannome di Giuseppe Borsalino. Imparò tutti i segreti dell’arte del cappello, iniziando come apprendista, determinato e ambizioso. Per imparare davvero il mestiere avrebbe dovuto osservare gli artigiani più eccellenti del settore: i francesi. Giuseppe Borsalino lavorò sette anni al cappellificio Berteil a Parigi, ottenendo la qualifica di maestro cappellaio. L’azienda venne fondata insieme al fratello Lazzaro. Fu sicuramente un colpo di genio inventare un cappello incavato, con delle “fossette” laterali, che accompagnato alla grande preparazione di Giuseppe ed un grande intuito, elessero il cappello di feltro il più famoso del mondo, che ha fatto la storia della moda e del costume. Dopo soli 14 anni di attività, Borsalino aveva 130 dipendenti producendo 300 capelli al giorno. Il record storico arrivo negli anni 20 del novecento realizzando 2 milioni di pezzi l’anno, cifre esorbitanti per quell’epoca. Da bambina, di nascosto al mio nonno osservavo quella scatola rotonda color caramella mou, piano piano l’aprivo facendo bene attenzione che non arrivasse nessuno. Estraevo quel Borsalino grigio , lo accarezzavo, morbidissimo al tatto, guardavo quel nastro di gro come fosse una strada infinita. Lo indossavo, mi copriva il naso, però fiera ed orgogliosa di poter entrare in contatto con qualcosa di così prezioso, tanto da essere custodito in una scatola così importante.

La morbidezza del Borsalino è regalata dalla realizzazione in feltro di pelo fine, prevalentemente coniglio o lepre. Ci vogliono in media sette settimane e 50 passaggi produttivi, in cui si alternano interventi manuali e meccanici. Arrivarono anche gli anni difficili, i momenti duri della guerra e della crisi economica.

Negli anni 60 Borsalino si scontra con il momento critico più culminante. Nel 79 la vendita dell’azienda di famiglia. Borsalino resiste, diventa un’icona. Il cinema non abbandona il “cappello” contribuendo ad affermarlo sempre più come mito. Un’icona grazie al mondo del cinema. Sono davvero tante le teste famose che sono state partner con il Borsalino. Love story che hanno fatto la storia del cinema. La più famosa è sicuramente quella con Humphrey Bogart in Casablanca, come dimenticare la scena dell’addio, con Humphrey e Ingrid (Bergman) “incoronati” dal Borsalino. Ma le star immortalate con l’iconico cappello sono davvero tantissime. Marcello Mastroianni in 8emezzo, Harrison Ford in Indiana Jones, Alain Delon e Jean Paul Belmondo in “Borsalino” John Belushi in the Blues Brothers, senza dimenticare il modello borsalino “Rocky” in camoscio marrone, indossato da Sylvester Stallone nella saga cinematografica Rocky. Non solo attori, ma politici, imprenditori, registi, scrittori hanno flirtato e amato questo iconico cappello, simbolo di mistero, eleganza, sensualità, classe e stile. E allora non possiamo non ricordare Gianni Agnelli, Charlie Chaplin, Harry Truman, Giuseppe Verdi, Ernest Hemingway, Giulio Andreotti, Framcesco Cossiga, Fred Astaire, Umberto Eco fino al gangster più famoso, Al Capone. Qualcuno disse “grandi uomini grandi capelli”. E per ultimo voglio ricordare un grande attore, un uomo di grande fascino, Robert Redford che si innamorò del Borsalino indossato proprio da Mastroianni in 8emezzo. Scrisse una lettera ad un erede della famiglia Borsalino chiedendo lo stesso cappello, ma con una falda più larga, e per essere sicuro di non sbagliare durante una vacanza in Italia si recò personalmente ad Alessandria per acquistare il cappello. Nel corso degli anni sono stati realizzati Borsalino in diversi materiali e modelli. Moltissime le versioni in paglia, tessuto tecnico e lana. La bombetta Borsalino per conquistare il mercato strategico della City londinese. Il cilindro, la coppola, fino ai più moderni beani e baseball. Un nome ad ogni modello, i più famosi Fedora, Piuma, Alessandria, Anello, Trilby e moltissimi altri. Credo non si possa dire addio ad un’icona di stile. Perché tutto ciò che entra nella leggenda è destinato a vivere in eterno. Per favore non chiamatelo solo cappello! Arrivederci Borsalino.

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