Atypical, la serie Netflix conferma la seconda stagione

di Paola Chirico

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Atypical, la serie Netflix conferma la seconda stagione

| lunedì 05 Febbraio 2018 - 16:41

Atypical è una serie tv Netflix uscita nell’agosto del 2017. Sotto la cura meticolosa di Robia Rashid, viene alla luce questa serie, che sottotraccia si è caricata sulle spalle il peso di un argomento molto delicato come l’autismo. 

Sam Gardner è un adolescente, ama l’Antartide e soffre di autismo ad alto funzionamento. Un dramedy nel quale l’autismo è affrontato con leggerezza e non con superficialità, un racconto lontano da noiose retoriche, che fa della simpatia e dinamicità i suoi punti vincenti. Non è una visione ridicola quella che ci viene presentata, ma spontanea che crea ilarità. Lo spettatore, da subito coinvolto empaticamente dalla situazione, non prova pena nei confronti di Sam (Keir Gilchrist), ma ama il personaggio perché vivo, con le sue debolezze e le sue forze.

Per quanto il tema centrale sia l’autismo, questo non è uno show incentrato esclusivamente sul malato. La coralità è l’altro punto di forza della serie, infatti, è l’intera famiglia ad emergere, ognuno con i propri problemi e afflizioni.

Doug è un padre spaventato, lontanissimo da suo figlio, ma alla disperata ricerca di un modo per entrare in contatto con Sam, sentirsi finalmente utile. Michael Rapaport è molto credibile nei panni di un padre non preparato ad affrontare in prima persona un problema di questo tipo. Veniamo a conoscenza della sua fuga, del suo senso di inadeguatezza e del rapporto privilegiato con la figlia.

Dietro gli atteggiamenti da maschiaccio di Brigette Lundy-Paine, si nasconde tutta la pesantezza della precoce e pesante responsabilità. Casey è una sorella affettuosa e premurosa, costretta dall’amore per il fratello e gli obblighi decisi dai genitori, a mettere da parte i propri sogni per stare dietro a Sam. Proprio il suo bisogno di libertà, e il suo dissidio, sono tra le cose più interessanti, solitamente meno il luce rispetto alle difficoltà di un genitore.

Il vero elemento catalizzatore è però Elsa, la madre. La sua la sua figura iper-protettiva, il suo crollo nervoso, la sua insoddisfazione, il ridimensionamento causato dalla crescita dei figli, la sua avventura amorosa, sono tutte situazioni abbastanza scontante, tra le più abusate nel descrivere problematiche di questo tipo. Eppure Jennifer Jason Leigh ne esce magnificamente, riuscendo a donare carattere e interesse magnetici al personaggio, che sulla carta dovrebbe appunto creare più empatia, ma che, invece, è quello che lascia più con l’amaro in bocca.

Con questa serie Robia Rashid ha vinto la scommessa, portando avanti un proggetto davvero valido seppur considerato un prodotto “minore”. 

Troviamo consolazione con l’uscita della seconda stagione prevista per l’estate 2018. 

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