Scandalo Facebook, Kogan: “Sono il capro espiatorio”

di Andrea Profeta

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Scandalo Facebook, Kogan: “Sono il capro espiatorio”

| mercoledì 21 Marzo 2018 - 15:52

Kogan non ci sta a fare il capro espiatorio. Per il docente di Cambridge, lo scandalo Facebook non esiste. “Credevamo di agire in modo perfettamente legale”, replica ai microfoni della BBC, il creatore dell’app incriminata con cui Cambridge Analytica avrebbe violato il profilo di milioni di utenti.

Eppure, la dichiarazione dell’accademico non sembra arrestare il ciclone che fa precipitare il titolo Facebook a Wall Street. Si annuncia un terzo giorno in nero, con un’apertura di -1,92%. Dall’inizio di Datagate, il re dei Social ha perso 49 miliardi di dollari.

Chi è Alexander Kogan?

Ha creato il cavallo di Troia che ha consentito a Cambridge Analytica di spiare svariati milioni di persone. Potrebbe essere l’uomo al centro dello scandalo del secolo. Ma chi è Alexander Kogan? Figlio di espatriati sovietici, è cresciuto negli Stati Uniti. Oggi è un docente di psicologia del prestigiosissimo ateneo di Cambridge. È lui, dunque, ad aver raccolto ed elaborato i dati di 50milioni di utenti Facebook per poi passarli alla società di propaganda assoldata da Trump. “Facebook e Cambridge Analytica mi usano come caprio espiatorio”, ha dichiarato Kogan che ha dimostrato di saper rifiutare efficacemente questo ruolo. Nega, inoltre, di aver ingannato chiunque e ribadisce la legalità delle sue azioni. La stessa società l’avrebbe rassicurato, a suo tempo, su una cessione di dati che sarebbe stata “legale e nei termini contrattuali”. Nessun contributo, secondo Kogan, alla vittoria di Trump: “Sarebbe un’esagerazione”, ha affermato. Strana strategia di difesa per l’ideatore di quella che potrebbe rivelarsi l’app più pericolosa di sempre.

Abusi di Facebook, la May: “Accuse molto preoccupanti”

Cambridge Analytica non avrebbe collaborato solo con il tycoon: anche il sì alla Brexit sarebbe stato fortemente “caldeggiato” dai tecnici della società, in accordo con i conservatori britannici. Theresa May, che solo oggi si è espressa su Datagate, nega ogni coinvolgimento: “Il mio partito non ha nessun ‘contratto in essere’ con questa società”. La premier ha definito “molto preoccupanti”, inoltre, le accuse sugli abusi di Facebook e di Cambridge Analytica, invitando entrambe le società a collaborare.

Latita, intanto, il numero uno di Facebook. Il ceo, Mark Zuckerberg, che ieri è stato convocato a Westminster per un’audizione parlamentare, sembra essere scomparso nel nulla. Quale sarà la sua controffensiva?

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