Sanità Sicilia, l’assessore Razza: “Pronti 224 milioni, manca l’ok del Ministero”

di Redazione

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Sanità Sicilia, l’assessore Razza: “Pronti 224 milioni, manca l’ok del Ministero”

| mercoledì 27 Febbraio 2019 - 16:58

“Attendiamo in questi giorni che dal Ministero arrivi il via libera al piano di investimenti di 224 milioni di euro che quasi un anno fa avevamo mandato all’attenzione del nucleo investimenti. So che sono le ultime giornate di approfondimento, ma dopo di questo abbiamo bisogno di avere tempi celeri: se mettiamo a disposizione del sistema ingenti risorse e poi queste risorse possono andare ad apertura di cantiere in 24 mesi evidentemente non è la giusta celerità che si aspettano i cittadini”. Lo ha detto l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, a margine della presentazione a Palermo di un’indagine sulla percezione della sanità italiana e del suo futuro effettuata da Swg e Kratesis.

Sanità Sicilia, l’assessore Razza: “Pronti 224 milioni, manca l’ok del Ministero”

“In questi anni hanno massacrato le scuole di specializzazione, facendo perdere ogni anno a migliaia di giovani la possibilità di specializzarsi, poi non ci si può lamentare se i bandi vanno deserti quando si fanno le procedure”. Lo ha detto l’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, a margine della presentazione a Palermo di un’indagine sulla percezione della sanità italiana e del suo futuro effettuata da Swg e Kratesis.

“L’assenza di personale medico è uno dei temi che abbiamo affrontato fin da subito. Il nostro Governo – ha aggiunto – oltre ad aver stabilizzato circa 4.500 lavoratori ha anche avviato una fase di concorsi straordinari che hanno coinvolto oltre 600 professionalità. Abbiamo chiesto al Governo nazionale l’abolizione del tetto di spesa del personale e la possibilità di investire risorse in nuove selezioni: bisogna cogliere l’esigenza di sistema che necessita un profondo rinnovamento”.

Sanità pubblica, per gli italiani al centro del rapporto di fiducia con lo Stato

In un contesto in cui la fiducia in tutto ciò che è Stato o istituzione appare in crisi, medici e sanità pubblica restano un baluardo inossidabile di riferimento per gli italiani, da Nord a Sud, ma non mancano le paure sul futuro del sistema sanitario nazionale (Ssn).

Il quadro generale della percezione della sanità italiana e del suo futuro che emerge da un’indagine dell’istituto nazionale di ricerca Swg e Kratesis, presentata stamattina a Palermo dal direttore di ricerca Swg, Riccardo Grassi, è quello di una popolazione disposta ad accettare nuove strade terapeutiche e che riconosce nel principio di universalità delle cure la chiave irrinunciabile del suo rapporto di fiducia con lo Stato.

Secondo i dati rilevati dalla ricerca, che ha coinvolto 2525 persone, di cui 511 residenti in Sicilia, il 90% dei soggetti intervistati ha fiducia nei medici ospedalieri, l’85% nel proprio medico curante, il 79% nel personale sanitario, il 77% negli ospedali pubblici.

La dimensione pubblica della sanità, secondo le rilevazioni, rappresenta dunque un fondamento irrinunciabile, che offre sicurezza al cittadino, ma l’idea che non possa più garantire tutte le cure spaventa il 45% degli intervistati; il 39% teme che i farmaci innovativi siano destinati solo ai più ricchi; il 33% che si debba fare sempre più ricorso al privato; mentre il 29% teme che i costi delle cure siano sempre più alti.

C’è una grande fiducia verso il sistema sanitario in tutto il Paese, soprattutto verso i medici ospedalieri – spiega il direttore di ricerca Swg, Riccardo Grassi -. In Sicilia, la percezione è leggermente più critica, ma riguarda soprattutto le strutture ospedaliere da modernizzare e rendere più efficienti”.

Per il futuro, la speranza degli italiani è infatti che lo Stato dia un nuovo impulso all’intero sistema, ammodernando gli ospedali (per il 38% degli intervistati), investendo in prevenzione (per il 37%), nella ricerca (per il 36%) e nella formazione di medici specialisti (per il 34%).

Secondo il presidente dei medici siciliani Toti Amato “le differenze dei dati tra Nord e Sud, per quanto lievi, vanno analizzati anche alla luce del regionalismo differenziato, richiesto da alcune regioni, che potrebbe funzionare solo se si partisse dagli stessi nastri di partenza. Siamo molto critici sull’argomento, tanto più per quanto riguarda la sanità, un bene sancito dalla Costituzione e che dovrebbe essere uguale in tutto il Paese”.

Tre i temi cardini sottoposti ai soggetti coinvolti nell’indagine: ricorso alle cure domiciliari, investimenti per l’innovazione terapeutica e disponibilità a condividere i dati personali di salute per ottimizzare prevenzione e diagnosi durante il percorso di cura.

In tema di trattamenti domiciliari, secondo gli esperti, contrazione del numero degli ospedalizzati e sviluppo di percorsi terapeutici da poter seguire nella propria abitazione rappresentano il volano di sistema sanitario chiamato oggi a ridurre costi e sofferenze dei pazienti, anche alla luce dell’aumento della cronicizzazione di molte malattie. Un approccio condiviso da oltre il 60% dei cittadini, consapevoli dei vantaggi nella qualità di vita dell’ammalato, non più costretto al disagio degli spostamenti e a liste di attesa interminabili nei luoghi di cura. L’importante però per gli italiani è che il nuovo asset non si trasformi in abbandono e che il paziente abbia sempre un riferimento di assistenza in caso di bisogno.

Solo pochi intervistati sembrano invece avere informazioni precise sull’innovazione terapeutica, ovvero sull’utilizzo dei farmaci innovativi di ultima generazione, soprattutto oncologici, su cui oggi si dibatte molto per il loro costo elevato. Ma l’opinione generale degli intervistati è chiara: per quanto costosi, i farmaci innovativi devono essere a disposizione di tutti, e le risorse necessarie vanno cercate anche riducendo le altre spese. L’idea che possa esserci una differenza di trattamento tra pazienti è largamente considerata inaccettabile, lo Stato deve assicurare a tutti uguale diritto di cura, è il fondamento del rapporto tra cittadino e sanità pubblica.

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