L’India apre le porte ai rifugiati, ma le chiude a musulmani, atei ed ebrei

di Giuseppe Citrolo

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L’India apre le porte ai rifugiati, ma le chiude a musulmani, atei ed ebrei

| domenica 22 Dicembre 2019 - 13:26

L’idea sembra lodevole. L‘India sta cambiando le proprie leggi per rendere più semplice ai rifugiati dai paesi vicini di diventare cittadini. Il problema è nei dettagli. Mentre gli indù, i parsi, i giainisti, i sikh, i buddhisti ed i cristiani afghani, bengalesi e pakistani potranno essere facilmente naturalizzati, musulmani, ebrei e atei non riceveranno tale beneficio. Ciò è assurdo, poiché proprio gli atei ed i musulmani appartenenti a sette minoritarie sono tra i gruppi più perseguitati in questi paesi.

Peggio ancora, è un insulto calcolato ai 200 milioni di musulmani indiani. E, cosa più allarmante di tutte, questo cambiamento va a colpire le fondazioni laiche della democrazia indiana. La Camera Bassa del parlamento indiano  (Lok Sabha), in cui il partito di governo BJP ha una grande maggioranza ha approvato questi cambiamenti alla legge sulla cittadinanza il 9 dicembre. La Camera Alta ha anch’essa approvato la legge due giorni dopo, malgrado le grandi proteste di molte ong e dell’opposizione politica.

C’è già un ricorso contro questa nuova legge presso la Corte Suprema indiana. Nell’interesse della stabilità sociale, della reputazione dell’India come democrazia liberale e della conservazione degli ideali della costituzione indiana la corte dovrebbe dichiarare nulla questa nuova legge all’unanimità. Dopo tutto, l’articolo 14 della Costituzione indiana statuisce: ”Lo Stato non negherà ad alcuna persona l’eguaglianza davanti alla legge”. Accettare la religione come base per una cittadinanza più veloce è insultare la memoria dei padri fondatori dell’India, che con orgoglio portavano avanti l’idea di una società indiana aperta e pluralista, in contrasto con la grigia ”purezza islamica” del vicino Pakistan.

Il governo indiano guidato da Narendra Modi giustifica la propria esclusione dei rifugiati musulmani affermando che non possono essere perseguitati in stati a maggioranza islamica. Ciò è una falsità; si pensi  agli sciiti di etnia Hazara, spesso massacrati dalle incursioni talebane in Afghanistan. Sono esclusi dai benefici di questa legge anche i musulmani Rohingyas che fuggono dal Myanmar a maggioranza buddhista, e i circa 100.000 Tamil induisti scappati in India per mettersi alle spalle la guerra civile in Sri Lanka, autoproclamatosi stato buddhista.

La migliore spiegazione sui veri motivi che stanno dietro a questa assurda legge è politica. Il BJP sposa l’ideologia del nazionalismo induista; l’obiettivo di lungo termine di questo partito è sovvertire la costituzione laica dell’India per poter ridefinire esplicitamente il paese come uno stato induista. In un paese come l’India, che è sì a maggioranza induista, ma ha anche una grande minoranza islamica e cospicue minoranze buddhiste, sikh e cristiane, ciò non potrà portare a nulla di buono, ma solo ulteriore violenza e tensioni sociali.

Sembra quasi che Narendra Modi, il quale all’estero vuole presentare un volto moderato e si atteggia a grande riformatore economico dell‘India, non riesca a sfuggire al lato oscuro del proprio passato politico. Infatti era premier dello stato federale del Gujarat quando nel 2002 questa regione dell’India fu sconvolta da veri e propri pogrom della maggioranza induista contro la minoranza islamica.

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